E allora sì che vale ‘a pena e crescere e capi’, credere ancora all’amore…

Novant’anni di passione: non uno slogan, un banale motto inventato per una serata speciale ma la verità, nient’altro che la verità. Un compleanno del Napoli che, per i più, sarebbe stato accolto dallo scetticismo totale ma non è stato così perché, anche in un San Paolo non da grandi occasioni, il tifo azzurro ha colpito, ancora una volta, nel segno. Dando un ennesimo, quanto importante monito a tutti: noi siamo napoletani, incontestabilmente più forti di tutto, insindacabilmente condannati a soffrire, a piangere, ad essere trattati male e presi a schiaffi ma, inevitabilmente, destinati a risorgere, uscire fuori dal tunnel, tornare a sognare, vincere, scrivere la storia.

Ancora una volta la lezione viene dai tifosi azzurri: un lungo applauso per le immagini che hanno contraddistinto questi novant’anni. Ovazione, come se fosse ieri, a rivedere le gesta di Diego Maradona. Fischi, assordanti, feroci, per quel Gonzalo Higuain, novello core ‘ngrato e ultimo ad aver avuto il coraggio di schiaffeggiare Napoli e voltare le spalle ad un popolo intero. Perché, signori, certe cose sono importanti ma vi è un rifiuto di fondo dinanzi a determinate scelte: i soldi, i dissidi col presidente, la voglia di vincere, che saranno mai di fronte ad una piazza che osanna, vive ed ama a dismisura? Domande che non troveranno mai risposte e, in fondo, è un dolce paradosso che condanna, e allo stesso tempo rende unici i tifosi partenopei.

Quel “Primo Agosto 1926” vale più di mille parole. È un messaggio, un avviso, uno striscione esposto con orgoglio, con tanto di punto esclamativo a ribadire SITO7che niente e nessuno potrà mai cancellare tutto quanto c’è dietro quel numero, quel novanta, quel Napoli. Non nati ieri, ma novant’anni fa. Di conseguenza forti, consapevoli, convinti. Più importanti di tutto, figurarsi del superfluo. Sempre presenti, al di là del risultato, al di là dei campioni, dei campi, delle vittorie. Conta la maglia, conta quella passione che contraddistingue il tifoso azzurro ogni domenica, in ogni incontro, su ogni campo. Conta il legame, quello che garantisce il rapporto con un simbolo, di cultura, di aggregazione, di identità.  “E allora sì – canterebbe Pino Daniele – che vale ‘a pena e vivere e suffri’ e allora sì che vale ‘a pena e crescere e capi’ credere ancora all’amore…”. Perché in queste condizioni ne vale sempre la pena: piangere, soffrire, gioire, crescere, seguendo il colore del cielo e del mare. Perché, se non si è capito, questo è amore. Ed il Napoli il suo top player lo ha già: il pubblico, che vince ogni volta, più influente di tutti. E tra novant’anni ancora, c’è da scommetterci, sarà così. Sempre così. 

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