Empoli e Napoli sono due città profondamente divise, accomunate forse soltanto da quel suffisso greco. Oltre cinquecento chilometri e una regione intera separano le due città segnando una netta linea di demarcazione geografica. Colpa del campanilismo e di convenzioni sociali di cui il calcio s’infischia.
PROFETA – Già, perché il calcio, quello giocato, non segue logiche geografiche di alcun tipo: basta un campo, un pallone e dei ragazzi che si affrontino con il massimo dell’agonismo sul terreno e del rispetto al di fuori. Empoli e Napoli, allora, non appaiono così lontane: in ambito calcistico sono più accomunate di quanto si possa pensare. D’altronde Maurizio Sarri l’aveva profeticamente annunciato nel settembre dello scorso anno, quando disse: “L’Empoli siamo noi tra tre anni per l’abitudine che quei ragazzi hanno a giocare insieme” dichiarò prima di tornare in quella piazza a cui aveva regalato tante soddisfazioni l’anno prima. Ne beccò di insulti, ma alla fine – a conti fatti – aveva ragione.
GOLDEN GENERATION – Sbagliò soltanto i tempi previsti, Maurizio Sarri. Perché a distanza di appena un anno il Napoli è davvero una prosecuzione di quell’Empoli, un prolungamento e una sublimazione di quel gioco corale e armonico importato da Sarri all’ombra del Vesuvio. “Hanno dieci buoni calciatori” aggiunse l’allenatore mezzo empolese mezzo partenopeo quel 12 settembre. Quella golden generation che lui stesso aveva allenato, oggi l’ha seguito quasi per intero nell’avventura napoletana. No, Empoli e Napoli non sono poi così distanti. Il primo a scoprirlo e a viverlo sulla sua pelle è stato Valdifiori, l’unico in bilico a distanza di un anno. Perché Hysaj, che l’ha seguito a ruota, è invece un magnifico diamante nella miniera partenopea. Certo, ancora un po’ grezzo, da lavorare: con calma però, perché l’età del ragazzo fa sperare e sorridere. Sì, il potenziale per diventare un fuoriclasse c’è: chiedetelo al Bayern, che un pensierino l’aveva fatto.
TASSELLI – Una golden generation che ha seguito il suo sensei per crescere, migliorare, vincere e consacrarsi: il cerchio si è completato con l’arrivo di Tonelli, arcigno difensore goleador dell’Empoli Sarriano, e Zielinski, che proprio il buon Maurizio ha plasmato prima da trequartista e poi da mezzala. In fondo c’è bisogno di gente disposta al sacrificio, adattabile a più ruoli e a molteplici situazioni. Gregari e lavoratori pronti all’abnegazione ad ogni costo. Zielinski è l’ultimo tassello di un puzzle meraviglioso, l’ultima tessera di un domino che scorre velocissimo e non si doma mai, la ciliegina su una torta che comprende – per ora – anche Sepe, portiere-eroe di quell’Empoli 14/15. Sarri aveva ragione: dovranno chiedere scusa allora quelli che ipotizzavano un catastrofico ridimensionamento con il blocco toscano. Forse, però, l’avranno capito da soli: di Maurizio ci si può fidare, anche senza Higuain. Perché – in fondo – basta una golden generation.
Vittorio Perrone
RIPRODUZIONE RISERVATA