Il bicchiere mezzo pieno è difficile da guardare, eppure può rivelare ottimismi segreti e nascosti. Considerazioni positive, in fondo, possono emergere anche dopo una batosta amara quanto dolorosa. Nella vita, sì, così come nel calcio. Sì, si può ben sperare anche dopo un k.o. per 4-1. La Primavera di Saurini torna da Kiev con le ossa rotte, vittima di una squadra tecnicamente superiore. Poco potevano gli azzurrini al cospetto degli sguscianti (e terribili) ragazzini ucraini. Il massimo, però, è stato compiuto e un sogno è stato, per un po’, coltivato: 45 minuti di altissimo livello conclusi in vantaggio per 0-1. Poi, però, sono emersi i valori tecnici, coadiuvati da qualche pecca di gioventù e dall’inevitabile stanchezza.
Dicevamo allora delle note positive: Maurizio Schaeper, su tutti. Un gioiellino a difendere i pali del Napoli: giovanissimo, Schaeper è stato eletto “miglior portiere del ’99” al termine della scorsa stagione. A Kiev ha fatto il massimo, tutto ciò che era in suo potere per evitare il tracollo agli ormai stremati azzurrini. Almeno cinque interventi provvidenziali, due decisivi nel primo tempo, altri con l’intento di tenere in vita una squadra allo sbando. Storia buffa, la sua: Maurizio è figlio di una professoressa e di un allenatore di Basket. Nella vita, però, ha scelto di difendere dei pali in un campo di calcio. Il fisico non l’ha aiutato: troppo esile, dicevano. Ancora oggi lavora sulla massa muscolare. I riflessi, invece, non hanno bisogno di istruzioni, sono frutto di un talento innato. Così come la capacità di lavorare il pallone con i piedi. Il Napoli l’ha pescato dalla Scuola Calcio Azzurri di Torre Annunziata, battendo la concorrenza del Milan. Era il 2012. Fu Imparato, allora allenatore dei portieri nel Napoli, a vedere in lui un potenziale fuoriclasse.
Schaeper è un portiere moderno, quel tipo di estremo difensore che non si limita a respingere le conclusioni degli avversari. No, significherebbe ingabbiare le reali potenzialità di Maurizio, che sa impostare l’azione come primissimo regista. Un portiere moderno in tutto e per tutto. Un Pepe Reina, per scomodare un paragone ingombrante quanto lusinghiero. La speranza è quella di allenarsi con lui e – perché no – di sottrargli il posto. Un giorno, magari, neppure troppo lontano.
Vittorio Perrone
Articolo modificato 13 Set 2016 - 16:32