Scetticismo, silenzio, qualche lieve mal di pancia. E poi grida, a squarciagola, al San Paolo e nella notte di Kiev. Ad Arkadiusz “Arek” Milik sono bastati soli duecentoquaranta minuti per prendersi il Napoli e i suoi supporter, ormai già impazziti per l’attaccante polacco, in patria ribattezzato il nuovo Lewandovski ma a Napoli rimasto semplicemente Arek. Né più né meno. Esatto, perché paragonare Milik a Gonzalo Higuain era cosa sbagliata a prescindere, vuoi per le diversità che intercorrono tra i due, vuoi perché certi paragoni sono sempre sbagliati. Higuain un giocatore, Milik il suo esatto opposto. Giovane, pimpante, esplosivo, con la voglia di spaccare il mondo e con soli ventidue anni sulle spalle, piccole e giovani ma allo stesso tempo larghe e forti: almeno abbastanza per portare addosso un’eredità che avrebbe gravato su chiunque alla stessa maniera.
CERTEZZE – Sarri aveva accennato ad un ballottaggio tra Milik e Gabbiadini. Nulla da fare perché, come contro il Milan ed il Palermo, sul campo scende l’ex Ajax. È il centro del nuovo progetto tecnico del Napoli, lo si era capito dall’investimento, lo hanno poi confermato le prestazioni. Un uso forse dovuto o comunque dettato da determinate esigenze, anche perché Milik è nuovo, se non in Europa almeno nel campionato italiano, ed ha bisogno di ambientarsi: è il caso di dirlo, ci sta riuscendo benissimo. In tutto ciò, in campo, sempre con la grinta giusta e quella personalità che, fin da subito, lo ha contraddistinto. La sua testa micidiale, la sua prestanza fisica pura dinamite a favore del Napoli e capace di distruggere qualsiasi blocco difensivo. A Kiev il portiere ucraino pasticcia un po’, ma il polacco è sempre lì, al momento giusto e con la precisione del cecchino. Con la testa fa la differenza.
MEGLIO DEL PIPITA – Intanto in qualcosa Milik ha già superato Higuain, in attesa di altri e pesanti gol. Sono due le reti in Champions nella partita di debutto, l’argentino invece ne realizzò una soltanto, contro il Dortmund al San Paolo. In totale quattro gol in tre partite per il polacco, mentre l’argentino si fermò a tre marcature in quattro incontri. Uno score niente male che, se confermato su questi livelli, renderà Milik sempre più certezza, presente da vivere e di cui godere, e Higuain un’ombra che via via va a sbiadire. Perché, in fondo, è giusto che sia anche così. Il passato è ormai andato e non tornerà, inutile rimpiangerlo anche perché non c’è alcun motivo per farlo: i presupposti per il futuro degli azzurri e, nella fattispecie, dell’attacco azzurro, sono ottimi. Tempo al tempo, perché Arek ha cominciato e non ha certo intenzione di fermarsi proprio ora che comincia a prenderci gusto…
GENNARO DONNARUMMA
RIPRODUZIONE RISERVATA