Napoli, due facce per la stessa medaglia

Trova le differenze. Una ballerina di danza classica e un surfista. Un variopinto pavone e un ippopotamo che rotola nel fango. L’avvocato e le sue mille arringhe, il falegname e le sue mille creazioni. Figure agli antipodi, ma ognuna sa rendere al meglio nel suo habitat naturale. Anche il Napoli di Sarri ha un abito costruito su misura: quello della dama di corte. Gentile e raffinata, elegante e seducente, capace di muoversi sulla scia di un’armonia che essa stessa ha creato. I movimenti ritmati degli azzurri in campo rapiscono lo sguardo di chi bazzica intorno, perché la bellezza saccheggia emozioni e fugge via lasciando in dote il suo profumo.

Una fisionomia così intrigante conta parecchio nel calcio moderno. Ma da sola ha poche chance di impressionare. E di sopravvivere. A volte quella dama sofisticata deve spogliarsi del suo bon ton e decidere di sporcarsi le mani. Una sorta di alter ego in veste di Amazzone per non farsi spiazzare da atmosfere insolite e battagliere. Una versatilità quasi mai trovata nell’ultima annata e probabilmente persino poco cercata. Prigioniera com’è del suo charme, la squadra fatica a trovare un’alternativa ruvida e risoluta alla sua rete di ricami. Tuttavia una personalità camaleontica sarebbe l’arma decisiva per oltrepassare le selve più buie.

Entrambe le facce dell’Io azzurro avranno le loro occasioni per farsi valere. Un bel turnover come piace al mister, con due pedine per ogni ruolo. Bene, domani sera potrebbe essere la volta dell’arcobaleno dai mille colori. Quello che ha incantato l’Italia ed ha sforato i confini piazzando un record dopo l’altro nella scorsa Europa League. Giocare il nostro calcio è ciò che amiamo fare, anche perché snaturarsi a seconda dell’avversario non è certo nelle nostre corde. Dall’altra parte il Benfica, mattatore nelle ultime 15 trasferte tra campionato e Coppe, con una cifra tecnica di tutto rispetto e programmato per giocarsela ovunque a viso aperto. Non si chiuderà a riccio aspettando i nostri errori, escamotage tutta italiana. “Arraparci”, come direbbe Sarri, con palleggi e geometrie è quanto di meglio non si possa chiedere. Ma lo spettacolo deve essere funzionale all’obiettivo e non fine a sé stesso. Allora ci si prepari ad indossare gli stivali ed affrontare anche ripide salite all’interno dei 90’. La squadra lusitana, sesta attualmente nel ranking Uefa e reduce da un beffardo pari all’esordio, non salirà certo sul palco del San Paolo per farci divertire.

Torna la musichetta Champions a Fuorigrotta, carica di tutto il suo fascino. Torna con un Napoli-Benfica, dopo quel 3-2 del settembre 2008. E se domani sarà il debutto per Maurizio Sarri, le Aquile allora battezzarono il ritorno in Europa dei partenopei dopo i turbolenti anni del fallimento. Un ritorno scoppiettante, con una vittoria inattesa e il graffio di un napoletano doc come Luigi Vitale. Quel gruppo, prima con Reja e poi con Mazzarri, seppe spesso oltrepassare i suoi limiti con carattere e coesione. Diventando scintillante nelle partite di cartello, trascinato dalla voglia costante di stupire e dall’entusiasmo contagioso di un’intera città. Otto anni dopo parliamo di una creatura ormai forte della sua identità, capace di mostrare tutta la sua stoffa pregiata a prescindere dal blasone che ha di fronte. Ma può imparare molto da quei gladiatori senza medaglia. Blasi, Aronica, Contini o l’infinito Christian Maggio insegnano perfettamente come si vince stringendo i denti e soffrendo come gruppo, evitando smancerie e narcisismi eccessivi.

Sei bello, Napoli, questo nessuno lo discute. Se diventi cattivo e affamato puoi far tremare le gambe a chiunque. E se la serata di gala è pienamente nella tua natura, tira fuori il guerriero che c’è in te perché a Bergamo già si sfregano le mani. E lo faranno su molti campi, un po’ come già accaduto a Pescara e Genova. Ti aspettano, ti circondano. Sono in tanti, provano ad intimorirti. Occorre pareggiare tenacia ed agonismo in certe situazioni, altrimenti si rischia di finire travolti. Se si regge il confronto fisico e nervoso, le frecce nell’arco non mancheranno mai. E colpiscono, letali. Come le aquile. Contro le Aquile. Magari affondando il colpo in dialetto napoletano. Come fece Gigi da Castellammare quella sera di settembre.

Ivan De Vita

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