Sudorazione fredda ed improvvisa, bocca secca, nella mente i sacrifici di una vita tutti rivolti al momento che sta per arrivare, gambe che tremano. Tutte queste e tante altre saranno state le sensazioni provate da Nikola Maksimovic mentre il suo compagno di reparto Raul Albiol si accascia sul terreno di gioco e chiede il cambio; Maurizio Sarri lo indica, gli dice che deve entrare così senza un minimo di preavviso. 28 settembre 2016, 11esimo minuto del primo tempo della partita tra Napoli e Benfica, una data e un lasso di tempo che il difensore serbo inciderà nei cassettini della sua memoria; è la serata in cui ha esordito con la maglia degli azzurri e al contempo dove muove i suoi primi passi in Champions League, in uno stadio strepitosamente caldo quale è il San Paolo.
Sulle spalle di Maksimovic pesano, oltre ad un grave infortunio, quasi due lunghi anni di trattative tra società partenopea e Torino, un tira e molla infinito che alla fine lo ha portato all’ombra del Vesuvio per una cifra vicina ai 30 milioni (bonus compresi); proprio quell’enorme esborso economico ha fatto storcere il naso a molti e il pericolo che una valutazione così elevata potesse gravare sulle prestazione del giocatore era certamente dietro l’angolo, nascosto come un ago in un pagliaio. Le tante critiche e preoccupazioni, però, sono state spazzate via in un lampo manco fosse arrivato un uragano proporzioni America; Maksimovic ha svestito la tuta, ha incrociato le mani nel classico segno della croce ed varcato la linea d’ingresso in campo e da quel momento è come se fosse stato al fianco di Koulibaly da una vita.
Emanuele Catone
Articolo modificato 29 Set 2016 - 13:06