Le convocazioni in Nazionale rappresentano un grana di enormi proporzioni per i club e talvolta anche per i tifosi che vedono negata la possibilità di assistere al match della propria squadra del cuore. L’affaticamento muscolare derivante da un numero sempre più cospicuo di partite internazionali ad esempio a causa dell’allargamento del campionato Europeo, è solo uno dei problemi che si riversa sulle condizioni psico-fisiche di un atleta. A questo ovviamente si aggiungono gli infortuni, a volte di lieve entità come distorsioni o contusioni altre volte molto più seri e che mettono a serio rischio non solo la carriera di un calciatore ma anche le possibilità di un club di poter raggiungere determinati obiettivi, in un calcio dove le società sono sempre più assimilabili ad aziende e i professionisti sono dipendenti prima che sportivi sarebbe il caso di ripensare al modello della prestazione calcistica in caso di convocazione in nazionale o addirittura ripensare interamente l’organizzazione di eventi con le nazionali. A questo proposito uno dei maggiori esperti di economica calcistica, Marco Bellinazzo, ha voluto dire la sua attraverso un intervento su GOAL.com, ecco le sue parole:
“Prestarli alle Nazionali comporta una prestazione giuridicamente assurda. I calciatori, in toto lavoratori dipendenti, si trovano a dover svolgere il proprio lavoro per un datore diverso da quello effettivo (da cui ricevono lo stipendio) e verso il quale hanno obblighi pubblici di carattere federale. Peraltro, se paragonassimo i calciatori a “macchine” capaci di svolgere in una certa attività d’impresa, quella dell’entertainment sportivo, determinate prestazioni, “date in prestito” da un’azienda a un’altra, ci troveremmo di fronte a un’altra assurdità: e, cioè, al fatto che a differenza delle apparecchiature che possono essere riparate e sostituite, nel caso dei calciatori, ci troviamo di fronte a macchine infungibili, uniche e di fatto insostituibili. Queste due considerazioni portano a ritenere assolutamente incongruo il corrispettivo che le Federazioni pagano per poter impiegare i calciatori dei club. I premi che Fifa e Uefa riconoscono alle società per i grandi eventi che si svolgono sotto la loro egida e gli indennizzi in caso di infortuni non sono commisurabili ai danni prodotti alle società. L’assicurazione della Fifa contro gli infortuni in nazionale approvata l’8 giugno del 2012 e ora prorogata fino al 2018 con uno stanziamento annuale di 80 milioni di euro, prevede che per ogni giocatore infortunato sia versato un rimborso calcolato dividendo lo stipendio lordo per 365 e poi moltiplicando per i giorni di assenza per infortunio (con una «franchigia» dei primi 28 giorni di stop). L’indennità quindi non può superare i 7,5 milioni annuali e i 20.548 euro giornalieri (per Montolivo in pratica il Milan riceverà un indennizzo fino a 1,5 milioni e per Milik il Napoli fino a 1 milione).
A parte la beffa per i club che devono riaccogliere infortunati lievi con prognosi inferiore ai 28 giorni che non prendono un euro (salve le assicurazioni private) bisogna constatare come si tratti di risarcimenti minimi rispetto al danno reale e potenziale. Il Napoli, ad esempio, qualora Milik non si riprendesse completamente dall’intervento chirurgico si vedrebbe deteriorato un investimento da 32 milioni di euro. Inoltre, perdendo il suo attaccante principe per gran parte dell’anno, potrebbe vedersi pregiudicata la corsa ai traguardi stagionali. Chi e come ripagherebbe il club di De Laurentiis della mancata qualificazione in Champions, ad esempio, e del venir meno di introiti per 30/40 milioni di euro? Un fattore di cambiamento potrebbe essere quello di concentrare, come in altri sport, gli eventi per le Nazionali in un solo mese, magari in estate dopo la fine dei campionati. Questo soprattutto per le gare di qualificazione e almeno quando in campo sono impegnate le Nazionali con il ranking più alto. Dal punto di vista di club e giocatori, inoltre, si dovrebbe studiare il modo per rendere progressivamente facoltativa la risposta alle convocazioni. Dovrebbe essere una scelta dei giocatori, d’accordo con i club, quella di partecipare alle gare della Nazionale (anziché affidarsi magari a diplomatici certificati medici). Eventualmente limitando l’obbligo di risposta affermativa alla convocazione a due, tre volte a stagione“.