Non tutto da buttare. Perché il Napoli nella sfida del San Paolo contro il Besiktas è sì caduto, un tonfo assordante che ancora riecheggia. Vittima di insicurezze ed errori, di sistema ed individuali, soprattutto in fase passiva. Ma ha saputo, per larghissimi tratti, ritrovare sè stesso. Diciassette conclusioni, ritmo su buoni livelli, dominio assoluto del campo. E mostrare, anche sotto altri aspetti, più di uno spiraglio di ripresa. Un malato in fase di convalescenza, se vogliamo, che ha lanciato segnali positivi, sui quali imperniare una fase di ricostruzione: tecnica, tattica e, soprattutto, psicologica. Non esiste altra via per riprendere le fila di un percorso bruscamente interrotto.
Proprio in questo senso, tra le chiavi di lettura di una sconfitta ancora dura da metabolizzare, ecco una delle note più positive: l’esordio, da molti spasmodicamente desiderato, di Amadou Diawara. Venti minuti, prima in Champions ed in azzurro, un tutt’uno, nulla che potesse intimidire il classe ’97 ex Bologna. Impatto, ecco. Personalità fin dai primissimi passi in campo, padrone assoluto della propria zona di competenza. Senso della posizione e potenza, contatto e progressione. Filtro, prima di tutto, ma con la malizia giusta: provare la giocata. E’ nelle sue corde, perché limitarsi. Amadou a piccole dosi, giusto il tempo di chiarire l’antifona. Un apprendistato gravoso, complicato da una fase di preparazione – per colpe quasi esclusivamente sue – praticamente saltata. Ma le doti sono cristalline, evidenziate da un investimento importante, l’unico modo di bruciare una concorrenza spietata, figlia di margini di miglioramento esponenziali e un presente radioso.
E’ palese che lì, a schermo dinanzi alla linea difensiva, dove gli equilibri e il motore di ogni ragionamento partenopeo nascono, prendono vita, qualcosa si sia incrinato. Jorginho sembra vittima di una metamorfosi regressiva che l’ha visto, in meno di un mese, passare da play d’eccezione a peso inequivocabile. Non solo gli errori marchiani contro il Benfica prima ed i turchi poi, a due settimane di distanza; prestazioni impalpabili a Bergamo come contro la Roma. Un peso, a tratti, che rischia di diventare macigno quando un livello indubbiamente sotto i migliori standard del classe ’91 di Imbituba si accompagna a eccessiva sicurezza. Il rischio debacle è alto. E quasi puntuale. Diawara intanto scalpita, smania, con all’indice un biglietto da visita più che convincente. E con la consapevolezza che l’inserimento è ancora in una fase embrionale, tutte pagine ancora da scoprire. Ma basta lo spunto, l’intuizione. Per crederci almeno. L’abbiamo ribadito in tempi non sospetti (LEGGI QUI), ma ripetere giova, quasi sempre. Serviva solo la chance giusta, è arrivata, ora spazio alla fiducia. I gioielli più preziosi vanno sfoggiati, non riposti in soffitta. Sarebbe uno spreco. Per il bene del gruppo, ma anche dello stesso Jorginho.
Edoardo Brancaccio