Lì nelle terre bagnate dal sapere di Pitagora era tempo di ritrovare, almeno, ordine. Mettere la sostanza in cima a qualsiasi prerogativa, per i dettagli ci sarà tempo. Non è stato, di certo, un teorema all’insegna del calcio di pura matrice partenopea, quello che ha incantato oltre i confini tricolore, ma sono arrivati i tre punti a margine di una gara sofferta, dura, maledettamente complicata dopo la follia di Manolo Gabbiadini al trentesimo di gioco. Profondo rosso, emergenza in attacco in vista di un tour de force sempre più pressante, ma almeno non mutata in iattura sul rettangolo verde dello Scida di Crotone.
Sostanza in mediana, frizzanti in avanti e coriacei – ad eccezione del finale di gara, con l’intero gruppo ai limiti dello stremo – in difesa. La sintesi di una prestazione non convincente, dicevamo, ma che concede morale e rompe un’inerzia che stava mutando in preoccupazione. Acqua corrente sul fuoco della crisi, questo il dettaglio più importante. Poi vengono i singoli, la prestazione di Amadou Diawara, senza paura, senza troppi fronzoli. Sostanza, eleganza, potenza, ordine. Difficile chiedere di più ad un veterano racchiuso nelle membra di un classe ’97. Le aspettative sono tante, ma l’ex Bologna non se ne cura. Gioca come sa. E lo fa bene. Senso della posizione leggermente da limare, poi tutto il resto. Tu al pallone, con disinvoltura, fraseggio naturale e giocata in verticale, all’occorrenza. E sostanza, dicevamo, mannaia sulle velleità degli avversari che cercano lo spunto dalle sue parti. E fisico, in aggiunta, sui palloni alti il 42 guineano c’è sempre. Due fasi, nessuna sbavatura. Ulteriore segnali in una direzione che gara dopo gara diverrà univoca. Talento e personalità, a dismisura. L’esordio col Besiktas solo un antipasto, l’avevamo anticipato. Ora si attendono avversari più probanti di un Crotone volenteroso ma fin troppo limitato nei propri mezzi.
La coppia – dopo la precoce dipartita di Gabbiadini dal terreno di gioco – in avanti non delude. José e Dries, Mertens e Callejon. Preziosi, essenziali. Spada e fioretto, sostanza e brio, tutto in una coppia atipica e per questo unica nel suo genere. Un binomio che esplode, raggiante, in occasione del vantaggio. Il belga scappa via, velenoso e riesce a recapitare il pallone giusto al tractor di Motril, inarrestabile. Preciso, non c’è scampo, solo la voglia di scaricare in esultanza un torpore durato troppo a lungo – quattro gare in campionato senza reti – per il ritmo sciorinato quest’anno. Si spendono, lottano, creano la superiorità sebbene il reparto sia privo del proprio punto di riferimento centrale. Giocano per due, entrambi, per poi abbandonare il terreno di gioco dopo aver dato tutto. E anche di più, quando c’è da sacrificarsi senza palla.
Dietro brilla luminosa la stella di Nikola Maksimovic, le sofferenze contro la Roma culminate in crampi ormai accantonate. La panchina contro il Besiktas per ritrovare i giusti stimoli. Il risultato è una prestazione superlativa. Insuperabile, qualunque sia la soluzione scelta dai diretti avversari. Contrasti aerei o tackle, anticipi o ripiegamenti. L’ex Stella Rossa c’è sempre. Poi il goal partita, con movimento perfetto in area e battuta a rete essenziale. Dal gesto sciagurato di Gabbiadini alla gioia di Maksi, per entrambi una prima volta. Dai due sapori irrimediabilmente diversi.
Edoardo Brancaccio