Un po’ di tempo, giusto il decorso fisiologico ad attestarne ambientamento e condizione migliore. Contro il Benfica l’esordio per Maksimovic, quasi a freddo complice lo stop improvviso di Raul Albiol. Subito chiaro l’andazzo, comunque. Eleganza, pulizia, nell’anticipo come nella giocata. In uscita tra i migliori in circolazione, un fatto. E tra i motivi della corte spietata mutata in un telenovela per oltre un anno.
Desiderato, al punto di arrivare allo scontro con l’entourage granata. Mettendoci anche del suo. Il Napoli come chiodo fisso, questione d’onore, di voglia di accarezzare con mano, di vivere un progetto di cui si è sentito subito protagonista. Bene contro i lusitani, tra i pochi a salvare la faccia a Bergamo contro l’Atalanta. Poi i patemi in un derby balcanico in cui a emergere vincitore è stato Edin Dzeko, cronaca dello scontro diretto contro i giallorossi. Gara, comunque, condizionata da una tenuta atletica precaria. Badare ai crampi nel finale per chiarire ogni dubbio in merito. Logica la panchina con il Besiktas, ma il suo posto – stante la prolungata assenza di Albiol – è lì, al centro della difesa.
Contro il Crotone una risposta perentoria a qualche mugugno di troppo, di certo una valutazione da oltre 25 milioni resta un fardello da portare, fianco scoperto a giudizi di ogni sorta al primo evento negativo. Per il classe ’91 di Bajina Bašta, comunque, resta un dettaglio. Imprescrutabile, come la valle del fiume Drina che scorgeva da bambino. Il responso non tarda, il tempo è galantuomo per eccellenza. E ricaricate le batterie – nell’auspicio che le problematiche legate a una preparazione a metà siano definitivamente risolte – allo Scida è arrivata una prestazione monstre. Essenziale sotto ogni aspetto. Statuario, monumentale dietro, lì dove Koulibaly ha palesato – soprattutto nel finale – qualche sbavatura di troppo l’ex Toro si è issato altissimo. In tutti i sensi. Contraerea impeccabile, pulito in anticipo, ferreo in marcatura. Ha retto da solo l’intero reparto dedicandosi, al solito, anche all’impostazione – questa volta però gestita a metà con il compagno di reparto – fino all’apoteosi fotografata in un’esultanza incontenibile. Il primo goal in Serie A, un piattone agendo con malizia sul palo lontano. Movimento impeccabile su calcio piazzato, un’altra richiesta esplicita del tecnico, per gradire. Carico, pronto. Il vero Maksi, poco a poco. Aspettando anche avversari di altra fattura, inutile nascondersi. I dubbi degli scettici non sono un pensiero, spalle larghe e sguardo ben oltre l’orizzonte. Tinto d’azzurro.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 24 Ott 2016 - 20:01