Ancora a secco, ancora l’urlo fermo in gola senza mai trovare l’esultanza voluta. L’unico tra i titolari – o quasi – del pacchetto offensivo azzurro, lì dove l’anno scorso furono 13 i centri stagionali, segni tangibili, così come i 12 assist, di quella che è stata senza dubbio alcuno la migliore stagione di Lorenzo Insigne.
Un caso, come riportato dall’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, che ha radici estive, che nascono nel ritiro in Trentino fino a propagarsi nella serata da incubo contro il Besiktas. Proprio per lui, il numero 24 azzurro, che nelle notti di Champions ha sempre trovato una marcia in più: chiedere a Borussia Dortmund e Arsenal le referenze. Un paragone che stride se si guarda in avanti, fino alla passata stagione, di questi tempi il talento di Frattamaggiore viaggiava già spedito: cinque reti e un’applicazione tattica certosina. Il meglio con cui convincere Sarri di una titolarità mai in discussione, con buona pace di Dries Mertens.
Quest’anno tutto sembra cambiato, l’esplosione del belga è stata esponenziale, ma non è quello il punto. Secondo i colleghi della rosea tanto, se non tutto, è da rincondurre ad un mero aspetto psicologico. Al colpo patito in seguito al netto rifiuto del patron Aurelio De Laurentiis alle richieste estive dei suoi agenti. Richiesta declinata, troppi i 4 mln annui posti come premessa dall’entourage del giocatore. Ed è come se qualcosa si fosse spezzato, come se quel ruolo da leader in campo fosse stato messo diametralmente in discussione. Almeno nella testa di Insigne, che da allora raramente è riuscito a ritrovarsi. Mai negli ultimi venti metri, quando la freddezza la fa da padrone. Contro l’Empoli una nuova chance. Per sé stesso e per l’intero gruppo, che del vero Insigne, di questi tempi, proprio non può fare a meno.