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Ferrara: “Vi racconto il mio primo incontro con Diego, il numero uno al mondo. Io come Higuain? No, vi spiego perché lasciai Napoli! Nessun napoletano come me”

Ciro Ferrara, doppio ex della sfida tra Juventus e Napoli, si racconta ai taccuini del Corriere dello Sport, a poche ore dalla partitissima tra azzurri e bianconeri. Di seguito le parole di Ferrara, che ripercorre il suo passato azzurro, la scelta della Juventus e una carriera comunque ricca di successi. Oggi allenatore in Cina, Ferrara si racconta a trecentosessanta gradi, focalizzandosi sui momenti topici della sua carriera e sulla sfida di questa sera. Ecco quanto raccolto da SpazioNapoli: “Il primo incontro con Maradona è stato nel giorno della sua presentazione. Noi avevamo vinto lo scudetto da qualche giorno e facemmo dunque un’amichevole contro un’altra squadra al San Paolo. Diego premiò noi del settore giovanile. Fu il mio primo incontro con lui, in un San Paolo gremito con sessantamila spettatori. Pensavo fossero venuti per noi allievi, invece no, erano lì per lui…Fu una emozione, avevo diciassette anni e non immaginavo che dopo poco mi sarei ritrovato con i grandi nel ritiro estivo. Premiato da Maradona, quando ebbi la chiamata del Napoli ero in spiaggia con i miei: gioia sotto tutti i punti di vista. 

Diego? Il numero uno al mondo che non lo ha mai fatto pesare ai compagni. Era la sua dote più grande: mettersi sempre a disposizione e giocare con chi, inevitabilmente, era più scarso di lui. Aveva sempre parole di incoraggiamento, ci ha sempre dato grandissimo aiuto. Noi ragazzi eravamo timorosi e rispettosi nei suoi confronti, ma lui ci metteva subito a nostro agio. Forse quello fu uno degli unici anni in cui era venuto in ritiro: qualcuno l’ha saltato, ad altri invece veniva in ritardo. Noi cercavamo di capire ed imparare da lui in allenamento. Vederlo così da vicino era straordinario, cercare di emularlo impossibile: faceva cose che nessuno aveva mai visto né pensato. 

Il cinque maggio del 1985 ho esordito, proprio contro la Juventus: è una data speciale. Le altre volte mi riscaldavo, ma non avevo ancora avuto occasione: quella volta sì. In quell’annata non avevamo grandi obiettivi e vincere contro la Juventus era tutto! Avevo diciotto anni, entrai al posto di Marchesi infortunato e dovevo marcare un certo Boniek! Il debutto andò molto bene, mio figlio nel rivedere la partita qualche tempo fa mi ha sottolineato il fatto che andassimo a due all’ora. Boniek uscì per una botta alla caviglia poi: lo feci apposta, ma non diciamolo. Lo marcavo ad uomo e lo seguivo ovunque. Poi mi spostarono sulla fascia a marcare Cabrini: debutto fantastico. 

Maradona o Platini? Michel era fortissimo ma Diego, un altro pianeta. Lui è il numero uno, il più grande in assoluto. Scudetto? Significò rivincita, rivalsa, vittoria, per una città che mise da parte i suoi mille problemi. Vincere in Italia, poi in Europa, voleva dire tanto per noi e Napoli. I brividi a sentire la gente che ti supportava ed incitava. Per noi fu anche una questione di identità. Quello scudetto è storia, scolpito nei ricordi della città.  Io come Higuain? No! Nessuno, finora, ha avuto la storia che ho avuto io col Napoli. Dieci anni, da scugnizzo cresciuto nel settore giovanile azzurro, poi capitano, quando Diego andò via. Avevo un contratto in scadenza nel 1994, il Napoli necessitava di incassare. Ero in scadenza e non mi era stato proposto alcun rinnovo. Ferlaino disse a Boniperti che ero incedibile, dopo Italia ’90. Quattro anni dopo mi ha venduto, ma la decisione di andare alla Juventus fu presa perché i bianconeri potevano consentirmi di continuare a vincere, in Italia e non, dopo aver fatto parte di un Napoli altrettanto vincente. Juve-Napoli oggi? La sfida tra due realtà che si contendono il vertice. La Juve è davanti a tutti, per vittorie ed organizzazione. Le altre, tra cui il Napoli, devono mantenere il passo”. 

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Scritto da
redazione