Probabilmente sarà stata la settimana più bella della vita di José Callejón: cinque giorni fa è nata la secondogenita Aria, ieri il goal con dedica al Da Luz. Una nuova vita è nata nella famiglia di Calletì, una vita (calcistica) è ri-nata nella notte portoghese: il Napoli s’è ritrovato d’un tratto, ha cancellato gli affanni e i mugugni, ha ritrovato sorrisi, speranze, ambizioni e una buona dose di gioia. Soprattutto, è tornato a divertirsi profetizzando calcio.
LA PARTITA DI JOSÉ CALLEJON
C’è tutto il Sarrismo 2.0 contenuto nella vittoria lusitana: splendido a vedersi questo Napoli, cinico e pragmatico quando c’è da fare sul serio. Aggettivi che si confanno a quel calciatore universale che è José Callejón. Ecco, forse definire il suo lavoro con espressioni note ai comuni mortali sarebbe riduttivo. Callejón fa tutto e fa tutto bene. È un coltellino svizzero pronto a qualsiasi utilizzo, o meglio un supereroe dal dono dell’ubiquità. Calletì sta a destra, s’allarga per ricevere palla e tentare il cross basso. Poi s’accentra, converge per ricevere e tentare la conclusione di sinistro. E ancora tenta il movimento da lui coniato, il taglio-Callejón che provoca mal di testa e smarrimento a numerosi difensori. Peccato per il rimbalzo del pallone che termina al lato.
E allora s’inserisce al centro, rapido e senza palla, legge nel pensiero di Mertens e il belga fa lo stesso. Imbucata centrale, scavetto e goal. Tutto d’una perfezione pitagorica. Talvolta fa il terzino, perché con Hysaj forma davvero una bella coppia: quando attaccano e quando difendono. Si muovono all’unisono, a tratti, come una catena operaia che ha sempre in mente il proprio compito e lo svolge con diligenza. Tocca 57 palloni, Josè. Pochi rispetto ai 79 giocati da Insigne. Epperò le sue caratteristiche legittimano il dato: Callejón si nasconde, gioca senza palla e a tratti scompare dai radar avversari. Fa suo il concetto epicureo del Lathe biosas: José vive di nascosto, lontano dai riflettori. Poi, però, punge quando il nemico meno se l’aspetta: è fulmineo, è letale, è cianuro per le difese avversarie.
OTTAVO GOAL IN STAGIONE
Degli attaccanti è quello che più s’abbassa a mo’ di terzino, complici due polmoni che non s’affannano mai e una generosità fuori dal comune. Ci mette lo zampino in tackle due volte, spazza l’area di rigore in altrettante occasioni, e sempre due volte intercetta il pallone. Una grossa mano ad Hysaj, per un tandem vincente che limita alla grande Cervi prima e Carrillo poi. In fase offensiva non perde smalto: quattro conclusioni e quattro cross. E i goal stagionali, ora, salgono ad 8, 10 quelli totali in Champions League. Statistiche meritate, per il calciatore più impiegato finora. Titolare inamovibile a dir poco, guai a farlo accomodare in panchina.
Sarri, per forza di cose, ci dovrà pensare, perché José non è un robot e prima o poi accuserà la fatica. Preservatelo: ecco l’invito. È un diamante, un gioiello prezioso che va messo in cassaforte. Per ora, però, meglio godersi vittoria e passaggio del girone: José era al San Paolo quell’11 dicembre 2013, segnò l’inutile goal del raddoppio all’Arsenal. Ora la rivincita: la vendetta è un piatto che va servito freddo. E gustato appieno: “Sono contento di andare agli ottavi, adesso divertiamoci, poi vedremo”. Parola di Callejon.
Vittorio Perrone
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