Gli applausi scrosciano dalla folla festante. Non fa niente, se lo spettacolo fosse andato storto, comunque il battimano fragoroso avrebbe accompagnato l’uscita di scena degli attori. Perché non si tratta di attori comuni: sono idoli, modelli da imitare per i bambini che giocano a calcio per la strada, con la cresta da capitano. Gli attori sono i calciatori del Napoli, per inciso. E il sipario che cala, tra gli applausi della platea, è l’anno solare che volge al termine. Tempo di bilanci, tempo di pagelle. Un secondo posto, un’eliminazione ai sedicesimi di Europa League, un record battuto (il nome di Higuain dice qualcosa?), e uno storico ottavo di Champions conquistato. Ecco il pagellone dei centrocampisti:
Hamsik 8,5: Il capitano, da queste parti, è un simbolo. Come Maradona, se non oltre. A livello emotivo Marek ha un legame con Napoli e il Napoli indissolubile. Rispetto, reciproco. Anzi no, blasfemia: amore reciproco. Amore vero, non quello sbandierato sotto una curva un giorno all’improvviso e tradito per il miglior offerente. Sì, è amore. Amore, prestazioni, goal e giocate da strofinarsi gli occhi: sogno o son desto? Il capitano è così, artisticamente irreale eppure così concreto. I goal, comunque, sono 105 nella classifica all-time (terzo posto), 86 nella sola Serie A (secondo, meglio di Maradona). E il tempo è ancora dalla sua parte. Infrangere tutti i record significherebbe entrare permanentemente nella storia, come monumento intoccabile.
Jorginho 7: Metronomeggia che è un piacere in mediana. Senza strafare, sia chiaro. Eppure senza nemmeno disfare. Sbaglia pochissimi palloni a partita, gestisce ogni possesso saggiamente e lascia i compiti più scomodi ad Hamsik. Che, come sparring partner d’impostazione, è pressappoco perfetto. Il rovescio della medaglia sta tutto lì, in un avvio di stagione sulle montagne russe: un errore pesantissimo (il retropassaggio ad Aboubakar) dopo una prestazione sotto tono con la Roma. Diawara, dal canto suo, ne approfitta e lo rimuove dagli undici titolari. Si rende protagonista di un dualismo interessante che vedrà i due in competizione anche nell’anno nuovo.
Diawara 7: La leggerezza di chi l’esperienza l’ha maturata in una lunga carriera. Poi, però, salta all’occhio il dato sull’età: 19 anni. Impossibile. Amadou si è presentato a Napoli con la personalità dei più grandi, la capacità di inserirsi a meraviglia o quasi nello scacchiere tattico di Sarri. Ha 19 anni, quindi farlo crescere tenendolo lontano dai riflettori sarebbe sacrosanto, eppure quando entra in campo ruba la scena. Maturità precoce, qualità che abbinata alla tecnica e alla classe può creare un giocatore devastante. Sarà difficile, in futuro, trattenerlo a Napoli.
Zielinski 7: In estate aveva fatto rumore, e non poco, il suo rifiuto. La predilezione per Liverpool era forte, Klopp, però, l’ha sedotto e abbandonato. Napoli l’ha salvato, gli ha fornito una piazza dove crescere e bene. Lui, dal canto suo, si è fatto valere fin da subito. Già in palla alla prima di campionato, ha impiegato un nonnulla per imparare il mestiere nel 4-3-3 Sarriano e soffiare il posto ad Allan. Spinge, s’inserisce, s’invola senza palla inarrestabilmente. Duttile, cinico ma elegante nei movimenti: è una risorsa preziosissima del Napoli targato giovani. Classe ’94, ricordiamolo.
Allan 6,5: Mestierante d’azione, tuttofare di mediana. Dinamico ma al tempo stesso roccioso, corre con frenesia su ogni pallone ma al tempo stesso ha la lucidità di pensare la giocata. Talvolta impiega troppa foga, in altre circostanze si eclissa. Resta, comunque, d’un’affidabilità clamorosa, specialmente quando c’è da lottare e ripartire, da rattoppare, chiudere e involarsi. Il suo dinamismo gli permette di avere una marcia in più quando entra a partita in corso. Il 2016 ancora non lo ha visto protagonista in zona goal, complice il calo di fine stagione. Il suo contributo, comunque, è costante e prezioso. Risorsa in un centrocampo ricco di alternative, stavolta ha il vantaggio di poter contare su un turnover più frequente. La speranza, questa volta, è quella di arrivare al massimo nel rush finale.
David Lopez 6: Il suo anno si è concluso con un goal al Camp Nou. Inutile ai fini del risultato (4-1 per il Barcellona contro il suo Espanyol, vero, ma la soddisfazione di segnare ai blaugrana è tanta. La scorsa stagione, infatti, l’ha trascorsa vivacchiando tra panchina e campo. Primo rincalzo di Allan e Hamsik, ha svolto – con dignità e diligenza – il compitino. Le doti tecniche non gli hanno mai permesso di strafare, quelle professionali – però – non si discutono. Ha lasciato un buon ricordo malgrado i limiti.
Grassi s.v. A Natale siamo tutti più buoni, quindi affermiamo: Alberto Grassi è stato gestito malissimo. Già detta così, la frase contiene un addolcimento notevole. In realtà la sua situazione non poteva essere controllata in modo peggiore. Era arrivato carico di speranze per un incoraggiante avvio di campionato all’Atalanta, l’infortunio l’ha limitato e fatto scomparire dai radar. Recuperato, è rimasto invisibile agli occhi di Sarri. Otto milioni per zero presenze: questi i numeri della sua esperienza napoletana. Poi il dirottamento in prestito di nuovo all’Atalanta, senza però trovare spazio. Rischia di bruciarsi e sarebbe un peccato (è un ’95).
Rog s.v. L’esordio si è fatto attendere a lungo, ma alla fine è arrivato in una notte di successi (contro l’Inter). Poi l’incoraggiante spezzone con il Benfica. Per Marko, 21 anni, il 2017 può rivelarsi un anno ricco di soddisfazioni personali. L’obiettivo? Scalare le gerarchie e godersi il panorama dall’alto.