3° POSTO Napoli-Torino 5-3: è l’apoteosi del gioco di Sarri. L’esaltazione, lo spettacolo. E, perché no, lo show degli errori. Da una parte e dall’altra. Per gli spettatori neutrali, ma anche per le rispettive tifoserie delle due squadre è una gara tutta da gustare. Ma è soprattutto la consacrazione definitiva di Dries Mertens. La follia che sposa la magia. La pienezza del calcio in un metro e sessantanove. Amplificarsi per quasi annientarsi. Dries cala il poker, distrugge ogni storia, si prende il Napoli, il San Paolo e il cuore dei tifosi. Con annessi e connessi. Prima stravolge la gara con una tripletta in nove minuti, poi al 79’ riporta l’impianto di Fuorigrotta magicamente al 24 febbraio del 1985. Diego defilato sulla sinistra scavalca il portiere con un pallonetto di sinistro; Dries spostato sulla destra scavalca il portiere con una parabola con il suo destro. Il Torino ne fa un altro e porta il risultato sul 5-3. Ma di fronte a cotanta bellezza, di squadra e individuale, non si può che rimanere ammaliati. Folgorati dalla magnificenza del gioco azzurro e delle emozioni regalate a chi, su quegli spalti, continuerà a cantare fino alla fine. Il Napoli ritorna 3° in classifica, mette nel mirino la Roma. E, chissà, forse torna a mettere paura anche alla “Vecchia Signora”. Intanto, forse, anche il Real trema.
Marek Hamsik incanta come uno dei migliori poeti del campo di calcio. Per certi versi è un profeta di questo Napoli. Aveva annunciato, spianato la strada e preparato la via al Napoli del futuro. Lui, ragazzino di vent’anni, era arrivato a Napoli in piena ricostruzione. Anzi, in pieno Rinascimento. E’ rinata l’arte di concepire il “pallone” a Napoli. Già, il pallone. Non il calcio. Nell’utilizzo del termine alla maniera napoletana c’è un non so che di più romantico, di più intimo. Il “pallone” di Napoli Hamsik lo incarna alla perfezione. E da più di nove anni.
Il ragazzino con la cresta è diventato uomo. Da tempo, ormai. Ha la fascia di capitano e tiene alta la bandiera del Napoli. Non s’ammaina, non succederà. Il momento storico che vive il Napoli, probabilmente, passerà alla storia: il suo nome, infatti, resterà negli almanacchi per anni e anni. 107 goal, terzo posto nella classifica dei marcatori all-time. Sallustro, una leggenda da 11 stagioni in azzurro (prima e dopo la fondazione), è a una sola marcatura. Diego, acclamato al suo ritorno in città, è a 115. Ecco, immaginatevi la scena: un attempato ma arzillo Hamsik torna a Napoli dopo anni di assenza. E la folla lo acclama come il giorno in cui ha disputato la sua ultima presenza in maglia azzurra. Scenderanno le lacrime, quel giorno. Ora, però, c’è solo il presente a cui pensare.
Il Pescara, innanzitutto: la partita di Hamsik, quella dei 107 goal, è un crescendo di emozioni e giocate. Parte con una finta e un tiro rapidissimo che Bizzarri sfiora e allunga in angolo. La classe è l’arma migliore per opporsi alla durezza e alla tenuta stagna dei centrocampisti del Pescara. Hamsik illumina nel buio della tecnica. Eleganza sopraffina, fascia al braccio e cresta alta. Quando non inventa con la palla tra i piedi, si rende utile in altro modo: s’inserisce in modo bruciante, trafigge Bizzarri al volo di sinistro. Sembra facile, non lo è. 6 in campionato, come tutta la scorsa Serie A, 107 nella classifica all-time. E’ storia, Marek Hamsik. Ma, soprattutto, è il migliore in campo di Napoli-Pescara per SpazioNapoli.it.
Ricordatelo, questo nome. E raccontatelo ai vostri nipoti, quando tornerà a Napoli tra gli applausi – fra trent’anni. E’ già storia, Marek Hamsik.