Gennaro Tutino si confessa: “Sto imparando molto alla Carrarese. Vi svelo il mio sogno”

Ai microfoni di “Si Gonfia la Rete” si è confessato in una lunga intervista Gennaro Tutino. L’attaccante nato a Napoli classe 1996 è attualmente in forza alla Carrarese in Lega Pro. Il poco spazio nella rosa azzurra lo ha portato a giocare in prestito, dove fino ad ora ha raccolta 13 presenze e due reti (fermato solo da un infortunio). In una lunga discussione Tutino ha parlato di se stesso, del suo periodo di recupero e dei suoi sogni per il futuro. Queste le sue parole:

“INFORTUNIO FASTIDIOSO MA STO TORNANDO”

“L’infortunio? I medici mi hanno detto che si tratta di un infortunio rarissimo che colpisce un atleta su cinquantamila. Si chiama lussazione di Lisfranc. Non è un infortunio grave ma è molto fastidioso per chi fa il calciatore. Mancano circa due settimane al mio rientro in campo e questo lasso di tempo lo trascorrerò ancora a Napoli per buona parte, perché la società azzurra ha voluto così. Come procede il recupero? Innanzitutto, oltre ai medici del Napoli devo ringraziare due preparatori: il Professor Tommaso Bianco e Vittorio Nocerino, che mi stanno seguendo in questo recupero. Con loro faccio del lavoro in palestra sul potenziamento delle gambe e del tronco. Questo lavoro specifico mi permette di allenarmi e tenermi in forma, mi consentirà, una volta guarito l’edema, di rientrare se non al top quanto meno già a un 70-80% e quindi di non dovermi ritrovare a rifare la preparazione. Grazie a loro mi sento già molto bene ed ho fatto in questi giorni dei test fisici che hanno avuto esiti molto positivi. Ho anche una tabella di esercizi che eseguo quotidianamente a casa e che mi sono stati assegnati per rinforzare il piede e la caviglia, oltre a fare fisikinesiterapia”. Con la CarrareseLa stagione è iniziata un po’ a rilento, anche a causa dei problemi societari. Poi fortunatamente il club è stato prelevato da una importante cordata di imprenditori. Ci abbiamo messo un po’ ad ingranare, ma poi abbiamo iniziato a fare risultati, abbiamo chiuso l’andata con 22 punti. Purtroppo, proprio dal mio infortunio in poi, abbiamo perso 4 partite di fila. Numero 10 come simbolo di fiducia? Assolutamente. Il Mister Danesi così come tutta la società mi ha sempre dato grande fiducia. Ad inizio stagione ho fatto un po’ di fatica ad inserirmi, ma soprattutto per colpa mia, essendomi presentato un po’ in ritardo dal punto di vista fisico. Poi ho finalmente capito che per fare il calciatore a certi livelli è necessario fare una vita sana, allenarsi al 100% e curarsi dal punto di vista dell’alimentazione. A causa dell’ultimo infortunio ho poi saltato 4 partite e credo ne salterò purtroppo almeno un altro paio”.

“HO BEI RICORDI DI BARI, PIAZZA SIMILE A NAPOLI”

“Dove mi sono trovato a mio agio in passato? Mi sono sempre trovato bene in ogni realtà, sia come squadra che come ambiente, qualità di vita e rapporti interpersonali. Dovessi però scegliere una pizza che maggiormente mi è rimasta nel cuore, direi certamente quella di Bari. A Bari mi sono trovato benissimo, è una città bellissima che vive di calcio, un po’ come lo è Napoli. La gente di lì è molto simile a noi napoletani e merita a livello calcistico altri palcoscenici per quello che i tifosi e la piazza rappresentano. E sulle altre avventure? Su quella di Vicenza c’è poco da dire purtroppo. In quel maledetto 10 agosto, al debutto in Coppa Italia, mi sono rotto il ginocchio già alla prima partita. Ricordo tutto di quel giorno perché rompersi il ginocchio a 18 anni, alla prima avventura lontano da casa, è un’esperienza forte. Non mi è mai piaciuto però parlare di sfortuna, mi sono sempre detto che non tutti i mali vengono per nuocere e quell’infortunio che mi ha tenuto fuori sei mesi mi ha reso più forte. Per quanto riguarda Avellino se è successo quello che è successo è solo ed esclusivamente colpa mia. Attilio Tesser è un grandissimo allenatore ed io purtroppo l’ho capito soltanto dopo. Non è vero che abbiamo avuto dei litigi nello spogliatoio, come fu detto all’epoca, sono cazzate! Retrocessione con l’Avellino? Fu una giornata molto strana. Soffrì molto nel giocare contro i miei ex compagni e soprattutto contro il Mister Saurini che io considero come un padre, una persona eccezionale per come mi ha cresciuto e per tutto quello che mi ha insegnato. Giocare contro la squadre del mio cuore è stato veramente difficile. Per giunta in un derby con la maglia di una formazione rivale come lo è l’Avellino. La partita contro il Real Madrid? Si la ricordo, parliamo ovviamente della Youth League 2013/2014. Purtroppo a Madrid uscimmo al 94′. Sconfitta con la Juventus? Perdere in Coppa Italia fu brutto. Quella partita a Napoli non la potevamo, non la dovevamo perdere. Dopo aver perso quella finale ricordo di non aver dormito per due o forse addirittura tre notti, fu veramente brutto da digerire per un sedicenne. Per di più avevo segnato io all’andata a Torino il gol del pareggio. Vivemmo quella notte come se fosse una finale per lo scudetto. Giocavamo al San Paolo, contro la Juventus, dopo tutto quello che successe a Torino dove ce ne avevano dette di tutti i colori. Fu una grande amarezza. Non nego fu brutta anche la sconfitta contro il Real Madrid, perché comunque subimmo goal al 94′ su un incredibile tiro al volo da 30 metri. Le strutture giovanili del Napoli? A me questa storia non convince. Il Napoli può contare su grandi competenze e ottime figure professionali anche a livello giovanile. Forse non ci saranno grandissime strutture. Io credo che se un ragazzo ha le qualità e la giusta fame di arrivare a raggiungere il suo obiettivo non ci sono strutture, campi, palestre, piscine e altre componenti che tengano. Non sono le strutture a fare la differenza. Quello che voglio dire ai ragazzi delle giovanili del Napoli è di non darsi alibi di questo tipo. Qualora non dovessero farcela ad arrivare, non dovranno imputare la responsabilità alla mancanza di strutture di un certo livello, sarebbe una c*****a. Sul centro sportivo di Valdebebas poi c’è poco da dire: è un paradiso calcistico. Non riuscivo neanche a contare quanti campi ci fossero e poi il solo pensiero di quanti e quali campioni varcassero quotidianamente quei cancelli metteva i brividi. Impressionati dal Real Madrid? Fino a un certo punto. Andammo lì a giocarcela a testa altissima. Eravamo il Napoli, mica una squadra qualunque. Avevamo passato il turno in un girone con Arsenal, Borussia Dortmund e Marsiglia. Sapevamo di affrontare una delle cantere migliori al mondo, ma eravamo molto consapevoli di noi stessi. Ci sentivamo forti e in fin dei conti di fronte non è che avessimo il vero Real Madrid dei campionissimi, ma 11 ragazzini, degli umani, proprio come noi”. 

“VOGLIO FARE BENE CON LA CARRARESE MA IL MIO SOGNO RIMANE IL NAPOLI”

“Il Napoli cambiato? Innanzitutto c’è da dire che al primo ritiro non ero molto lucido. A 17 anni trovarsi catapultati in quel contesto tra tanti campioni affermati e con un allenatore di fama mondiale come Benitez. Io ho sempre visto un gruppo unito sia prima che oggi. Poi è chiaro che si creino dei gruppetti come prima era con i sudamericani e poi con gli spagnoli, ma questo accade in tutti gli spogliatoi del mondo. L’esperienza del ritiro la farei vivere a tutti i giovani di quell’età perché solo se osservi come lavora gente come Hamsik e Callejòn ti puoi rendere conto di cosa ci sia veramente dietro un campione. Solo frequentando da vicino questi campioni ci possiamo rendere conto che magari c’è qualcosa che non torna e che non funziona nel nostro atteggiamento e nel nostro modo di vedere le cose. Amici sudamericani? Legai molto con loro perché erano dei personaggi. Non fraintendetemi, sono anche loro dei grandi professionisti che si allenavano seriamente. Però mi trattavano in modo diverso dagli altri. Ma in virtù della simpatia e la gioiosità dei due colombiani, con loro mi sentivo diversamente: li sentivo come fossero dei miei coetanei. Deluso per l’addio di HiguainHiguain era un modello per me, quindi erano normale rimanerci male. Ha fatto 36 gol in una stagione di Serie A, è riuscito con la maglia del Napoli in ciò in cui nessun giocatore in Italia era mai riuscito. Credo però che morto un papa se ne faccia un altro. Il Napoli è una grande squadra. Ha Milik che è tornato a disposizione e sicuramente può ambire a raggiungere traguardi importantissimi anche senza Gonzalo”. Chi senti oggi dei tuoi ex compagni? Un po’ tutti, sono in contatto quotidiano con tanti ragazzi come ad esempio Jacopo Dezi. Sento tutti i giorni Lasicki e spesso anche Roberto Insigne, stanno crescendo tutti bene. Soprattutto Luperto sta facendo molto bene in Serie B a Vercelli. Il suo segreto è esser stato da sempre un ragazzo serio ed aver avuto sempre una mentalità da professionista. Ha grandi qualità tecniche e umane non mi meravigli ostia facendo strada. Dove sarò tra 10 anni? Nel futuro prossimo c’è Carrara. Voglio tornare quanto prima e dare una mano alla mia squadra attuale per conquistare una meritata salvezza. Dopodiché il mio sogno resta sempre giocare con il Napoli. Già solo pronunciarla questa frase mi mette i brividi. Ho firmato la scorsa estate un nuovo contratto con il Napoli fino al 2019, vedremo cosa accadrà. Il mio obiettivo adesso è ottenere il meglio da me stesso. Voglio che qualora non dovessi farcela a realizzare i miei sogni, dovrà essere stato perché magari non avevo abbastanza talento per riuscirci. Ma non dovrà essere perché non ce l’ho messa tutta. Voglio che un giorno potrò guardarmi indietro pensando di aver dato tutto e non di aver sprecato le mie chance. Voglio non dovermi rimproverare nulla“.

 

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