13 marzo 2016. Ha impiegato oltre dieci mesi il Napoli di Sarri per tornare a vincere per 1-0. Da quel successo esterno a Palermo, la stagione scorsa, con un rigore siglato da Higuain. In ogni competizione affrontata da allora, gli azzurri sono stati costretti a bucare la rete almeno due volte per avere la meglio sugli avversari. La vittoria di misura più ricca e intrisa di significati è mancata, talvolta scatenando un’autentica nostalgia. Il 2017 sta finalmente esaltando nuove sfaccettature dello stesso dipinto. Cinismo e capacità di soffrire balzano all’occhio perché considerate dai più solo cellule dormienti. Imparare dai nostri errori potrebbe rendere indimenticabile quella che da pronostico ha le sembianze di una “maledetta primavera”.
Juventus, Roma e Real Madrid in fila indiana nel giro di una settimana non ci erano capitate nemmeno al primo PES installato da ragazzini. Una scalata impari e affascinante, un non plus ultra per la storia partenopea recente. Il Napoli, nell’attesa spasmodica, ha deciso di guardarsi allo specchio e scoprirsi. E sotto sotto, con la luce giusta, questa squadra mostra cattiveria e voglia di non mollare mai, quando le si imputava una sorta di pigra rassegnazione agli eventi in caso di rimonte insperate. Firenze prima, la Samp poi hanno dimostrato come i ragazzi di Sarri sono duri a morire. L’esibizione di qualità prima solo annusate, tuttavia, era solo all’inizio.
“Mi fa piacere che quando la gara si è sporcata, noi abbiamo saputo reggere il confronto al contrario di altre volte”, asseriva fiero il mister negli spogliatoi di San Siro. Milan-Napoli è stato un condensato di pregi e difetti, ormai triti e ritriti, del giocattolino sarriano. Straordinariamente intrigante quando morde la preda sin dal primo minuto, con saggezza e leggiadria; irritante se è poi in grado di restituire respiro a semplici walking dead per cali di attenzione ed eccessi di spavalderia. Una confusione di odori e sapori che crea spaesamento e in ogni caso lascia un retrogusto amaro. Nel processo di assestamento di errori quanto mai cronici è spuntata però un’arma nuova: la resistenza. I primi 25’ della ripresa ci hanno visto vacillare come una nave in tempesta, ma non siamo affondati. La disponibilità al sacrificio, la lotta fino allo stremo, la consapevolezza di avere sempre in borsa un paio di stivali da pioggia anche durante la serata di gala è il vero tesoro che i pirati azzurri hanno portato via dall’isola rossonera. La sofferenza che conduce ad una vittoria ne esalta il valore e il ricordo. Molto più di un 5-0 senza storia.
Un Napoli che fatica, tentenna ma non cade non è l’antitesi, bensì l’anima gemella del favoloso cigno apprezzato da chiunque mastichi un po’ di calcio. Belli e sporchi, solo così si costruisce un progetto vincente. La gara di Coppa Italia aggiunge un altro tassello: leggere i momenti di una partita. C’è sempre tempo e spazio per piazzare la zampata decisiva se si è superiori a chi si ha di fronte. Ma non bisogna forzare le giocate o perdere gli equilibri, si finisce per racimolare molto meno di quanto si è seminato. La Fiorentina meritava di essere sotto dopo i primi 45’, ma poi è entrata in campo con un altro piglio. I partenopei hanno capito che non era serata per apparire attraenti e hanno badato al sodo. Prima e dopo il sigillo dell’eterno Josè, con drammatica freddezza. Resuscitando l’1-0 dal cimitero dei nostri punteggi e lasciando Reina finalmente “inviolato”.
Tra i mille volti del Napoli qualcuno, ovviamente, sarebbe da depennare. Masochismo, superficialità e un pizzico di narcisismo sono in lista di dismissione, sperando che facciano presto le valigie. Purtroppo, in proporzioni diverse, anche nelle ultime due gare i soliti difetti azzurri hanno provato a mettere il bastone tra le ruote senza riuscirci. Umiltà e concentrazione non vanno mai smarrite, qualunque sia il nemico da affrontare e anche se lo si ritiene ferito mortalmente. Cinque gare assolutamente alla portata prima di arrivare a quei fatidici sette giorni. Cinque squilli di tromba per alzare o ammainare la bandiera tricolore. Sta a te decidere, caro Napoli. Rifletti ancora, scavati dentro e stupisciti. Stupiscici.
Ivan De Vita
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