Il campo come una scacchiera, tasselli che si avvicendano, avanzano, fino a trovare lo scacco, decisivo. In mezzo al campo, poi, una variabile impazzita. Classe, tecnica e personalità. Proprio lì, sulla catena di destra, dove l’equilibrio, duro e puro, è sempre stato una costante.
Piotr Zielinski, l’uomo in grado di scompaginare l’equilibrio e trovare la chiave di volta, quella necessaria. Tocco felpato, aggraziato. Una certezza. Destro, sinistro, senza differenza alcuna. Non per lui, capace di disegnarlo il calcio, quando vuole, quando deve. Certo, se c’è da giocarla la partita, fino allo stremo, su ogni seconda palla con il pressing che lo richiede, non c’è modo di tirarsi indietro. E lo fa, senza batter ciglio. Ma è nello strappo, nella capacità innata di mutare fase di non possesso in una serpentina velenosa per gli avversari, che l’ex Udinese dà il suo meglio.
Piotr, ventun’anni da Ząbkowice Śląskie e il calcio che scorre profondo nelle vene di un atleta che alle soglie dei vent’anni è stato capace di reinventarsi, ancora. Ancora. Fino a trovare la quadratura decisiva. Essenziale, come essenziali sono gli incontri, capaci di stravolgere e tracciare una linea guida. Quella cruciale. Basta scorrazzare nel limbo, esterno offensivo, trequartista, la consacrazione in mediana. Devastante. Stridore che profuma d’invidia. La corte serrata del Milan. La corsa a perdifiato di Jurgen Klopp. E invece no, tutto azzurro. Zielinski. Lavoro di fino del diesse Cristiano Giuntoli a smussarne le titubanze. Un legame sigillato in una torrida estate dove tutto, giocoforza, è passato in secondo piano al cospetto di cessioni sofferte.
Di nuovo con Sarri, l’uomo che lo collocò in mezzo al campo. Interno qualità e quantità, box to box? Troppo poco. Arcigno quando c’è da rincorrere. Dolce, vellutato, una sinfonia che ammalia quando bisogna chiudere i conti. E una visione di gioco periferica, capace di tessere trame di gioco senza soluzione di continuità. Con il Genoa gelido, una missione da chiudere a breve giro di posta. Tutto agli atti. Restano i numeri: quattro reti e sei assist in 30 presenze, 1.654′ a referto. Il record personale, risalente a una stagione orsono – cinque gol e sei assist con l’Empoli di Giampaolo – a un tiro di schioppo. A febbraio.
Homo novus di un reparto che irradia per le soluzioni a disposizone del tenico. Lui, capace di interpretare qualunque consegna al meglio. Che si tratti di difendere o attaccare, la soluzione è dietro l’angolo. Eleganza, piglio e sfrontatezza. E uno stuolo di estimatori da scacciare. Una mediana da antologia per sfidare il Real, con un elemento ormai imprescindibile. Il nome in codice, Piotr, è preso detto. Unico nel suo genere.
Edoardo Brancaccio