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Editoriale

Il Napoli e i galacticos in nerazzurro

Atalanta, Juventus, Roma, Real Madrid. Il più classico quartetto d’archi. Il compositore Napoli ha quindici giorni di tempo per dimostrare tutta la sua sensibilità artistica. Un blocco di impegni che sembrano slegati ma interagiscono pienamente e potrebbero scatenare una reazione a catena. Negativa o positiva che sia. E come in qualsiasi scaletta che si rispetti, è necessario partire dalla prima voce senza lasciarsi abbagliare da altre più luminose. Con una regola ben precisa: mai dare nulla per scontato!

Sabato pomeriggio al San Paolo arriva la strabiliante Atalanta di Gasperini. Giovanissima Dea alla quale tutti, inizialmente, guardavano con tenerezza. Ora è da temere. Perché la freschezza, l’entusiasmo, l’organizzazione e la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere può fare brutti scherzi. Soprattutto se si affronta la sfida con la leggerezza di chi assaggia gli antipasti in un tipico matrimonio all’italiana. Il menù è ricco nelle prossime due settimane, ma la pietanza bergamasca va assolutamente gustata. Anzi, vi dirò di più. Paradossalmente la Gomez band è l’unica delle quattro sfide nella quale la vittoria è fondamentale. Qual è la ragione? Innanzitutto è la prima della lista e una battuta d’arresto sarebbe un pessimo apripista per le successive.

Per il resto, ragioniamoci un attimo. Nella semifinale d’andata di Coppa Italia non si disdegna un buon pareggio a Torino per poi sferrare il colpo di grazia a Fuorigrotta. A Roma stesso discorso, anche perché dall’Olimpico giallorosso finora nessuno è uscito vincitore; qui però il discorso sugli scontri diretti stride un po’ con la soddisfazione per il punticino. Infine c’è il Real, nella gara attesa da tutta la città. In questo caso, ad onor del vero, parliamo di favole raccolte nel libro di una notte. Bisogna vincere è vero, ma arrendersi con onore di fronte ai campioni del mondo non farebbe impallidire nessuno. Beh, riavvolgendo il nastro, è l’Atalanta la squadra da battere. Quei punti, all’alba del mese di maggio, conteranno come macigni.

Maturità. Un concetto che sembra vagare in un coacervo di aspettative per poi tornare periodicamente a galla. Affrontare i nerazzurri come se fossero di bianco vestiti è parte di una crescita ancora altalenante. Risposte granitiche da questo punto di vista sono però già giunte da Verona. Emozioni e delusioni del Bernabeu, condite con lo sfogo di De Laurentiis e la successiva alluvione mediatica, avrebbero disorientato chiunque. Ma nel pomeriggio del Bentegodi si è tornati in campo con il piglio di chi sa cosa vuole, lasciando sapientemente strascichi e distrazioni fuori dal rettangolo verde. La forte coesione all’interno del gruppo riconfermata con voci social è un parafulmine decisivo nella corsa verso qualsiasi obiettivo.

Certo la crescita tecnica non può prescindere da quella societaria. Invece la sindrome da attore protagonista, la non-comunicazione offerta in pasto ai media affamati, sono fattori che continuano a regnare sovrani. Analizzare la diatriba di una settimana fa è ormai anacronistico, per una volta ci atteniamo ai contenuti e trascuriamo l’opinabilissima forma. Il padre padrone Aurelio ha certamente le sue ragioni nella sua invettiva. La nostra assoluta devozione nei confronti di Sarri non può non farci ammettere che il mister toscano ha nella gestione della rosa il suo tallone d’Achille. L’infortunio di Allan cade a fagiolo: il tanto discusso Rog, non ancora completamente svezzato, sarà improvvisamente costretto ad un impiego più assiduo dopo solo pochi spezzoni giocati. Nella tornata di gare probabilmente decisiva. Stesse magagne capitate con Tonelli e Maksimovic ad inizio anno nuovo o logorando Strinic dopo un lungo periodo di inattività per sopperire all’assenza di Ghoulam.

Attingere da una sorgente così rigogliosa è dovere di ogni allenatore. Ora come non mai ogni membro risulterà indispensabile. Tutti vanno tenuti sulla corda. Tutti vanno istruiti con lo stesso codice: Atalanta galattica.

Ivan De Vita

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