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La vittoria del pubblico di Napoli e l’atipica notte del Pipita: isolato e circondato dal nulla

Higuain dov’era?” – questo uno dei commenti che più si sono letti sul web. Ed è difficile trovare una risposta concreta, in realtà. Il Pipita, a tutti gli effetti, dov’era? Di lui sapevano tutti, sabato sera: in un pullman blindato proprio per lui, circondato dalle forze dell’ordine per raggiungere quella che era la sua Napoli. La città che, per motivi professionali comprensibili, ha deciso di accantonare. Convincente? In maniera parziale. Accoglienza fredda solo per il fatto che il Corso Vittorio Emanuele, dov’è l’Hotel Parker’s, è stato letteralmente chiuso per evitare qualsivoglia tipo di problema. Una cosa comunque assurda, per un solo giocatore e su cui si potrebbero aprire altre parentesi ma non è forse questa la sede ideale per farlo.

Digressioni a parte, proviamo a dare una risposta soddisfacente alla prima domanda, che metta d’accordo tutti: il Pipita era al San Paolo, e questa era cosa nota, ovvia e certificata da tutti. Ma, verrebbe da chiedersi, come era nell’impianto di Fuorigrotta. Un pesce fuor d’acqua, isolato, annullato, accolto tra i fischi che si riservano agli avversari di sempre e nulla più. Cosa aspettarsi, se non un velo di lecita indifferenza, davanti al suo ritorno? Un eroe tragico, il Pipita, ieri sera, passateci questa immagine: sul campo dove si era eretto a titano, spodestando tutti gli altri, protagonista di prodezze, miracoli, gesta veramente eroiche, ieri sera il Pipita si è riscoperto umano. Tremendamente umano. E fragile, e vulnerabile, e rinchiuso in una gabbia per novanta minuti: proprio lui, l’uomo dei novanta milioni. Se vendetta doveva esserci, risultato a parte, nei confronti dell’argentino, c’è stata eccome.

Ammutolito il Pipita, ma non il pubblico del San Paolo, che ha trionfato: ha fischiato, tifato ed ha poi ammirato lo striscione esposto in Curva B: più di un messaggio, più di una frecciata all’amico di un tempo. “Non c’è cosa più bella che sostenere i colori della propria terra” – chiaro, preciso, conciso. Espresso, ancora una volta, il senso di appartenenza ai colori azzurri, il legame inscindibile tra tifo e squadra e città. Quel legame più forte del tempo e che mai niente macchierà: da questo si può solo scappare, ed Higuain lo sa bene. Il resto passa. Piuttosto è bella l’immagine del numero nove bianconero in mezzo al campo, a dannarsi, girando a vuoto, in un quadro in cui, ieri sera, è stata semplice comparsa e non protagonista. Giusto che sia così. Giusto che per una notte l’argentino sia stato a chiedersi chi e cosa è, circondato dal nulla più assoluto. 

GENNARO DONNARUMMA

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Scritto da
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