L’ex attaccante del Napoli, Antonio Careca, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Premium Sport nel programma “Nove – Storie di Bomber”, intervistato da David Trezeguet. Tanti i temi trattati dall’ex centravanti, molti dei quali riguardano il suo passato in azzurro e il suo rapporto con Diego Maradona.
LA PRIMA IMPRESA – “La mia storia è cominciata al Guaranì: vincemmo il Brasilerao battendo l’Internacional Porto Alegre di Falcao, il Vasco di Roberto Dinamite, il Flamengo di Junior e Zico, i giornali parlavano poco di noi ma quello che abbiamo fatto accade una volta ogni cento anni“. Infatti è l’unico titolo vinto dal Guaranì nella sua storia, con 13 gol in 28 partite di Careca: “Il più importante della mia carriera”, assicura lui. “Ma uno scudetto a Napoli ne vale 10 altrove“, aggiunge.
LUI E DIEGO – “La velocità che aveva, la visione di gioco: pensai ‘Devo migliorare tantissimo altrimenti faccio una figuraccia‘. Quando giochi con il migliore, non puoi arrivare dove è lui, ma devi avvicinarti. Lui neanche mi guardava in campo, era tutto automatico. Maradona aveva la palestra in garage e lavorava sui muscoli, veniva una o due volte a settimana ad allenarsi con la squadra: lui non ne aveva bisogno, doveva solo giocare. Sapevamo che la domenica veniva e decideva le partite. Il rispetto per la sua leadership era enorme, Spesso faceva le infiltrazioni per giocare e poteva stare a casa. A Stoccarda c’erano 30mila napoletani, non so come sono arrivati, a piedi, in treno, in aereo: abbiamo fatto la festa a casa loro. Io avevo 40 di febbre, Ferlaino arrivò e non mi salutò neppure. Mi disse solo: “Tu devi giocare”, volevo mandarlo a quel paese“.
IL GIAPPONE – “Sono arrivato lì e c’erano 600 persone allo stadio: all’allenamento uno aveva il pantaloncino nero, uno rosso, uno giallo. Poi dovevi sistemarti la tua roba nello spogliatoio e i giocatori fumavano e bevevano birra. Quando hanno imparato la disciplina, siamo andati in Serie A e abbiamo mandato 5-6 giocatori in nazionale“.
IL BRASILE DI OGGI – “C’è pressione anche da parte dei genitori: un ragazzo di 11-12 anni prende 10mila euro al mese. Io sono arrivato in Italia a 26 anni, ora arrivano in Europa a 13 anni. È un peccato: un bambino deve andare a scuola e divertirsi“.