Testa e croce in terra inglese

Déjà vu, un copione rivisitato ma in fondo già visto. Dall’Allianz al Vitality Stadium, cambiano gli addendi e stavolta anche il risultato. Ma la sostanza, quella no. Con l’Atletico Madrid così come contro il Bournmouth, cinquanta minuti, quasi un’ora di grande calcio. Sebbene non concretizzare una tale, ingente, mole di gioco sia una colpa che trova attenuanti contro i Colchoneros, meno con i ben più modesti inglesi.

Poi, quasi fosse una trama raccontata a memoria, ecco l’occasione che mette tutto in discussione. Quella mancanza di concentrazione che lo stesso Sarri non ha mancato di evidenziare nella due giorni bavarese come imprescindibile step di valutazione. Soddisfatto contro il Bayern, sicuramente la sfida oltre Manica ha aggiunto qualche grattacapo in più nella ridda di pensieri del tecnico partenopeo. Un piccolo passo indietro. E dove non arrivano i discorsi ci sono i numeri. E’ calcio d’estate, ma, nel precampionato che vedrà la sua chiusura nella sfida di giovedì al San Paolo contro l’Espanyol, il Napoli è riuscito a concludere i 90′ di gara con la retroguardia imbattuta solo contro il Trento e un Bayern Monaco infarcito di giovani talenti. Il più grande limite di una stagione, la scorsa, ricolma di record è ancora lì. Resta giocoforza l’angolo da smussare se l’intento è lottare, per davvero, fino alla fine nella stagione che si accinge a partire.

CROCE E DELIZIA

Due lati della medaglia, insieme. Nessun lancio, entrambi bene in evidenza. Il gioco c’è,  quella sensazione di dominio assoluto che si intreccia all’estetica che ha conquistato in tanti. Se il gruppo di Simeone ha sofferto, stretto i denti, ma sempre pronto – attendendo guardingo basso –  a far male con delle micidiali ripartenze, per un tempo gli uomini di Howe vanno in apnea. Solito fraseggio avvolgente, pressing sul portatore garantito da una gamba più che accettabile, linee di passaggio praticamente azzerate. Per 45′ il Bournmouth non la vede mai, spettatore non pagante in casa propria. Non che fosse così improbabile dato il divario tecnico a dividere le due squadre. Ma il tutto, con lo scorrere dei minuti, arrivava persino a sorprendere per disinvoltura e conseguente impotenza degli avversari. Puntualmente però – e riecco i déjà vu  –  il Napoli tarda fin troppo nel chiudere la contesa. E ad inizio ripresa il solito giro a vuoto. Gol subito, una gara che si complica e che si dirige in salita con la lucidità in alcuni interpreti che comincia a scemare. Segue immancabile la girandola di cambi e la sfida muta il suo spartito fino a ritornare in parità al triplice fischio.

Il racconto di una gara che sa di già visto, di tanti punti gettati alle ortiche e che alla resa dei conti l’anno scorso hanno pesato. Due gare dai tanti aspetti in comune in quattro giorni e che richiamano l’attenzione su un limite che continua ad apparire endemico, tanto quanto nel dna del progetto del tecnico ex Empoli c’è un calcio arioso, incantevole, con pochi eguali a livello internazionale. Testa e croce, appunto. Diabolici, direbbe Callejon, ma altrettanto fragili.

Edoardo Brancaccio

 

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