Nella deludente notte di Kharkiv il Napoli crolla sotto il peso delle sue certezze. La capacità di palleggio, il ritmo alto, la compattezza in mezzo al campo, che sono i principali pregi della squadra azzurra, sono gli assenti ingiustificati della serata ucraina.
CENTROCAMPO INESISTENTE
Il centrocampo azzurro, motore della manovra offensiva e primo scudo dagli attacchi avversari, risulta infatti non pervenuto. Niente geometrie abituali, niente recupero pressoché immediato del pallone, nessuna cattiveria agonistica.
Contrariamente a quanto ha saputo far vedere, la linea mediana di Sarri ha calcato il campo senza personalità. Quasi intimoriti, sorpresi dalla qualità e dalla rapidità dello Shakhtar Donetsk, i tre interpreti del 4-3-3 (stasera Diawara, Zielinski e Hamsik) hanno lasciato ampio spazio alle iniziative dei padroni di casa, non riuscendone a costruire di buone per pungere.
Periodo no, ancora una volta da sottolineare, per il capitano Marek Hamsik. Il 17 azzurro vede nuovamente la panchina prima della fine della gara. Un cambio giustificato dalla scarsa incisività e dall’impossibilità di identificare in Hamsik il calciatore che sta occupando il ruolo di mezz’ala sinistra in questa stagione.
Irriconoscibili anche Diawara e Zielinski, giovani sì, ma più volte protagonisti di prestazioni ben oltre i propri limiti di età. I due pezzi pregiati della gioielleria partenopea si distinguono per incertezza e scarsità di proposizione, archiviando una prestazione più che sottotono.
Unico attore estraneo a responsabilità per quanto riguarda la seconda linea è Allan. Il brasiliano è in un buono stato di forma e l’ha saputo dimostrare con un ottimo avvio di campionato. La corsa, la grinta e la determinazione del numero 5 sono forse gli elementi mancanti della prestazione deficitaria che la squadra ha messo in campo a Kharkiv.
Come ogni sconfitta, però, può servire da slancio per percorrere uno scalino in più verso una crescita che non può e non deve dirsi finita. Per fronteggiare nuove difficoltà future con maggiore umiltà, che deve essere l’unica e la più stabile certezza da portare avanti.