687. Sono i minuti che ha giocato Lorenzo Insigne in partite ufficiali dall’inizio della stagione. Vale a dire quasi tutti, nelle 8 partite disputate dal Napoli. Mancano solo quei 34 minuti nella partita in cui, paradossalmente, ha giocato di meno e ha trovato l’unico gol in campionato: il derby contro il Benevento, in cui ha lasciato il posto a Giaccherini.
Contro la Lazio il gol non lo ha trovato, Lorenzo Insigne, ma si è reso protagonista di quell’episodio che ben potrebbe fortificare le ipotesi di vedere un Napoli protagonista nella stagione in corso e in una concreta corsa al titolo.
Il minuto è l’89’, il risultato è di 1-3, il Napoli è in controllo perché a peggiorare le cose per i biancocelesti gli infortuni, dopo aver stravolto la difesa, hanno costretto i padroni di casa a giocare in 10. La Lazio riparte con Immobile, che attacca sulla sinistra, puntando dunque il lato destro del Napoli. Maggio è saltato dalla caparbietà dell’attaccante biancoceleste, ma a sbarrargli la strada si ritrova un avversario che ha poco a che fare con quella zona di campo. Lorenzo Insigne, infatti, pur essendo ala sinistra, ripiega in diagonale in maniera esemplare raddoppiando Maggio, terzino destro, e fermando l’avversario nonchè grande amico.
Segue un gesto di affetto e di stima tra i due, diventati amici ai tempi del Pescara e oggi compagni di nazionale. Ma aldilà del pur bello, sportivo e sentito cenno di intesa tra i due, assume grande importanza la corsa all’ 89′ minuto del calciatore che tra i calciatori di movimento azzurri è il terzo dopo i mai-sostituiti Koulibaly e Ghoulam per minuti in campo. Supera persino il bionico Callejòn, che lo segue a 676 minuti giocati.
Un segnale non da poco, considerando che il risultato era acquisito e che la zona di competenza del folletto di Fratta Maggiore è tutt’altra. Un indizio ulteriore di una mentalità comune di aiuto collettivo e reciproco, di uguaglianza di intenti. Guardando tutti nella stessa direzione, quella del sacrificio e del lavoro unanime, la crescita è inevitabile. Ed è, ad oggi, visibile. E porta nella direzione in cui raccogliere i frutti di ciò che si è seminato non sarebbe un’eresia.