Immaginate un qualsiasi tifoso del Napoli, abituato quindi a vedere la propria squadra dettare il gioco e i suoi ritmi praticamente contro chiunque. Ora mettete davanti a quel tifoso il primo tempo della gara dell’Olimpico e sicuramente non riconoscerà gli 11 scesi sul terreno di gioco.
Sì, perché il Napoli dei primi 45′ contro la Lazio è una squadra imbrigliata nelle fitte ragnatele tessute da Inzaghi. Squadra compatta e centrocampo affollato, per confondere e far si che i partenopei non possano mettere in pratica il consueto giropalla. Milinkovic e Luis Alberto come costanti spine nel fianco e una difesa che, tutto sommato, regge bene.
Meriti per una volta dunque all’avversario, approcciatosi alla gara nella maniera giusta. Il secondo tempo però è un’altra cosa, tutt’altra musica. Si ricomincia a suonare la sinfonia del Napoli, quella che ha fatto innamorare tanti spettatori e ballare tanti avversari. Ma cosa è successo?
Una risposta che si può provare a dare è questa: il Napoli l’ha vinta grazie alla sua panchina. Ma se tutti i 4 gol sono stati messi a segno da giocatori in campo anche nel primo tempo, potrebbe obiettare qualcuno? Certo è vero, ma è stata proprio la profondità della rosa di Maurizio Sarri a dimostrare la differenza tra una grande squadra, ed una squadra di sicuro livello, allenata molto bene, ma sicuramente lontana dalle vette della Serie A.
I capitolini hanno infatti avuto delle defezioni importanti, e dopo la sostituzione di Bastos (al posto del quale è entrato un terzino come Marusic) hanno dovuto fare a meno anche del momentaneo match-winner De Vrij, sostituito da Murgia che di ruolo farebbe il centrocampista e non il centrale di difesa.
La Lazio ha dunque difettato di quella profondità di panchina di cui invece può vantarsi il Napoli: Diawara, Zielinski e Milik sarebbero titolari in 18 squadre su 20 in Serie A; Maksimovic, Tonelli e Mario Rui sono molto più che semplici rincalzi; Ounas e Rog sono giovani dal sicuro futuro, ma anche frecce pronte ad essere scoccate da subito.
Da un lato, quello di Sarri, ben 6 giocatori convocati dalle proprie nazionali di riferimento per le ulltime qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018, dall’altra, quella di Inzaghi, uno soltanto. La vittoria dell’Olimpico va sicuramente ascritta alla squadra, a un Mertens da impazzire e ad un sempre presente Callejon, ma non bisogna dimenticare i meriti di una società che, sebbeno spesso criticata dai suoi tifosi, ha costruito nel tempo una squadra degna di essere chiamata tale.
RIPRODUZIONE RISERVATA – Davide Limatola
Articolo modificato 24 Ott 2017 - 19:31