2° POSTO Napoli-Benfica 4-2: una delle sfide più emozionanti di questo primo scorcio di stagione azzurra. Un Napoli travolgente annienta il Benfica. La vetta del Girone B è presa - nella prima gara di Champions League casalinga dopo le ultime due maledette (Arsenal, l’11 dicembre 2013, vittoria per 2 a 0 che non basta per accedere agli ottavi; Athletico Bilbao 14 agosto 2014, sfida valida per i preliminari che termina 1-1). Eppure, l’inizio non è dei più semplici: occasione sprecata da Milik, due occasioni nitide per il Benfica, infortunio di Albiol ed esordio assoluto di Maksimovic. Serve la capocciata di Hamsik a sbloccare gara e annientare le paure. Da lì in poi è tutto un turbinio di emozioni. E tutte nella ripresa. Mertens incanta con una prodezza da calcio da fermo. Julio Cesar in totale confusione regala la possibilità a Milik di riscattarsi dagli undici metri: il polacco non sbaglia. E ancora Julio Cesar, e ancora Mertens. Quattro perle. Quattro magie che incantano i 40.000 del San Paolo…. e un po’ gli stessi azzurri, che si lasciano sorprendere per ben due volte nel giro di sedici minuti: 70’ Guedes e 86’ Salvio. Tanto per regalarsi qualche minuto da cardiopalma. Un iniezione di veleno, tanto per sentire scorrere lungo la schiena brividi gelidi. Fischia l’arbitro. Il risultato è schiacciante. La vetta è presa.
Non è una ossessione, non è una sindrome ma un po’ ci pensa: e come dargli torto. Marek Hamsik è ad un passo dal superare i limiti dello scibile e varcare la soglia che separa gli uomini dalla leggenda. Ad un passo dal mito. Ad un passo da D10S che, nel vocabolario di ogni buon napoletano ha un solo volto: Diego Armando Maradona.
Diego, da ormai quasi trent’anni, vive in una nicchia nel centro storico di Napoli, dove è venerato come un santo con ogni onore. Negli almanacchi, il più grande di tutti, in campo: sono centoquindici i sigilli del Pibe de Oro, il miglior marcatore nella storia del club azzurro. Hamsik è ad una sola realizzazione da lui: dopo quattrocentosessantacinque presenze, oltre trentacinquemila minuti giocati. Al San Paolo arriva l’Inter, non la vittima preferita dello slovacco: sono solo tre le reti realizzate ai nerazzurri, due delle quali al San Paolo, l’ultima lo scorso anno nel pirotecnico tre a zero diretto da Sarri e firmato da Marek, Zielinski ed Insigne. Ora, quale miglior modo se no agganciare Diego proprio nella sfida contro l’Inter, davanti al pubblico di casa, lì dove tutto è cominciato quel lontano sedici settembre del 2007? Siamo sicuri che, anche se di sfuggita, il capitano azzurro ci stia pensando.
Non è una sindrome, dicevamo più su, ma un pensiero costante sì, per forza: non potrebbe essere altrimenti per quello che è difatti un napoletano nato solo per caso in terre diverse da quelle dove poi, ragazzo, si è fatto uomo e dove è diventato calciatore, capitano, infine bandiera. Uno degli ultimi romantici del calcio, del nostro calcio. È fantastico immaginare il diciassette azzurro, tra un sorriso e l’altro, rispondere alla battutina sul record, ridendo con gli occhi, emozionati ma nascosti, di chi non vede l’ora che venga quel momento. Perché sente che è quello il momento che segnerebbe la chiusura di un cerchio, la fine di un percorso e l’inizio di un altro, in parallelo. Il compimento di una traiettoria che va avanti da un decennio e che ha scandito le giornate e i pensieri di ogni tifoso. Dal 2007 c’è una squadra, poi c’è Hamsik, sempre Hamsik, intramontabile, intoccabile, incancellabile. C’è il Napoli, c’è Marek Hamsik che con i colori azzurri è ormai un tutt’uno. Il momento è arrivato. Perché è anche giusto che Diego, in quella nicchia celeberrima, trovi un compagno. Chi meglio di quel ragazzo con la cresta, di Banská Bystrica, che ha cercato il suo posto nel mondo e l’ha trovato in uno stadio, in una città, in una storia che non aspetta altro che lui, quel record da eguagliare e perché no, superare. Al San Paolo c’è Diego, al suo fianco solo uno, e nessuno più. Un solo nome assieme a quello di Maradona. Solo lui ad un passo da D10S…
GENNARO DONNARUMMA
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