Sarri, l’allenatore perfetto sei giorni su sette. Ma a gara in corso può fare di più

Forse la pioggia che si è abbattuta sul Bentegodi serviva da presagio. Che non sarebbe stato un pomeriggio semplice per il Napoli lo si poteva intuire dai recenti cali fisiologici e dalla mazzata psicologica dell’infortunio di Ghoulam. Il passo dallo smarrimento al tracollo è breve, i due mesi terribili di ottobre e novembre del 2016 sono un ricordo non troppo nitido (merito dell’exploit di Mertens) ma esistente.

Intanto la pioggia del Bentegodi, che forse ha frenato il palleggio del Napoli. No, troppo semplicistica, quasi “Mazzarristica”, come attenuante. Più verosimile un tour de force che ha privato Callejon, Mertens e compagni di tutte o quasi le energie residue. Chiedetelo ad un boccheggiante Mertens, sofferente e insofferente contro le barriere degli stagionati difensori clivensi.

La partita è andata così, tra l’incapacità di sfondare un muro ben costruito e l’ansia da cronometro. Detto che nell’arco di un campionato un pareggio a Verona con il Chievo, squadra fastidiosa, ci può stare, qualche scelta di Sarri ha fatto storcere il naso a tifosi e ad addetti ai lavori.

Non tanto (o non troppo) nell’undici di partenza: la scelta di muovere poche pedine è sacrosanta se la volontà è quella di riscattare la sconfitta di mercoledì e allontanare i fantasmi dell’infortunio di Ghoulam. Più che altro, l’impressione data dallo scorrere dei minuti è che Sarri, dalla sua panchina, avrebbe potuto fare di più, forse tirando dal cilindro la carta giusta per indovinare la Scala (e far crollare il muro del Chievo). 

Tipo Ounas, entrato forse troppo tardi e in favore di Callejon. Scelta forse tardiva, forse troppo poco offensiva con un Chievo in undici dietro. Probabilmente (e non è una volontà di pontificare nei confronti di Sarri) sarebbe stato meglio togliere un centrocampista (Jorginho o Hamsik?), passando al 4-2-3-1 che il tecnico azzurro non disdegna affatto in corso d’opera. Difficile portare a casa i tre punti senza stravolgere un assetto che aveva creato una sola occasione pura da goal (Callejon, a lato).

Altro dubbio: con il Chievo in undici dietro e qualche pallone dell’Ave Maria da lanciare in area di rigore, non sarebbe stato opportuno mandare a saltare Koulibaly e Albiol? I pochi palloni pervenuti nei pressi di Sorrentino sono stati preda dei saltatori gialloblu, facilmente trasformatisi in leoni contro i centosessantotto centimetri di Mertens.

L’X deludente è la logica conseguenza di un assalto finale sterile, che magari non avrebbe portato frutti lo stesso, ma da tentare lo stesso in una corsa folle e disperata al guizzo da tre punti. Nulla è compromesso, sia ben chiaro ciò: il primo posto è preservato e tra quindici giorni il Milan sarà un banco di prova ben più attendibile.

Per il momento l’imputato è Sarri, allenatore perfetto e maestro nelle idee e nella pratica. Un po’ meno a gara in corso. Sei giorni su sette, poi lì, in campo, qualcosa scricchiola se il suo piano smette di funzionare. Per sua stessa ammissione:

“Bisognerebbe trovare la cattiveria di vincere qualche partita di furbizia, con soluzioni estemporanee e palle ferme: questo un po’ ci manca”. 

Vittorio Perrone

 

 

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