Tutto va bene perché tutto torna ad essere ‘na fesseria. E se ne va dritta per la sua strada quella paura di una trasferta insidiosa, prende lo svincolo delle sciocchezze quell’insicurezza sulla condizione fisica, torna a popolare il bosco dei dubbi quella domanda su Callejon. Che no, non gira più come prima. Ma ormai s’è fatto già preda del calderone del Friuli, lì dove il Napoli ha bruciato tutto il percorso fatto finora.
Non per questioni metafisiche, nemmeno come rito propiziatorio. È che nella settimana di Napoli-Juve non c’è spazio per nient’altro: se ne vanno quelle parole di Mertens e pure l’ansia per le condizioni di Mario Rui.
C’è solo l’azzurro e c’è quel destino da agguantare. Né fiducia e nemmeno coraggio, né consapevolezza e neanche dubbi: solo l’attesa. Tremenda.
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LA RIVINCITA
Ma tutto va bene perché tutto torna ad essere ‘na fesseria. E le strade tornano a popolarsi dopo un pomeriggio di passione e pizzichi maliziosi della sorte. Come una mezza rivincita sugli anni bui, come un conto da riscuotere quando la cassa inizia a chiedere di più, e sempre più di quei nerazzurri che han fatto un patto nuovo e diverso con gli dei del calcio. Vige la regola della rivincita, comunque. Vige per tutti e per nessuno. Vige per Christian Maggio, soprattutto. Che s’è preso sberle di parole e mezzi malcontenti estivi, che s’è preso partite di vacanza e pensieri fastidiosi. Ma solo un attimo per unire il suo domani con quello napoletano.
Eppure il calcio non è di facili elargizioni: allarga il ventaglio delle tue possibilità solo se in qualche modo finisci per meritarlo. Christian l’ha fatto in ogni istante, in qualsiasi settimana d’allenamento forsennato, in tutti i momenti di Udinese-Napoli. E oltre i chilometri e il fiato spezzato da una routine che finalmente ritorna, a farti impazzire è il modo d’approcciare il match e di prenderlo per il muso per tutti i novanta minuti.
IL SUO MESTIERE
Nascondersi dietro quel pugno di anni sarebbe stata solo naturale conseguenza di anni veloci e di flessioni a bordocampo, magari alla ricerca d’un po’ di fiato. E sarebbe stato ingiusto, chissà, per una carriera così di corsa. Di sicuro facile se chi urla per i tuoi colori t’ha già piazzato in una polaroid densa di ricordi, facile come ridurre alla rivincita questa prestazione, farlo senza lasciarsi catturare da tutte le sfumature che si desiderano. Che Sarri stesso desiderava.
Perché l’emergenza ha sempre un’unica strada da poter percorrere: quella del rischio. Con Christian sì, diventa calcolo scientifico e usato garantito. Non gli chiedi nient’altro: fare il suo mestiere. Ma allora perché tutto questo scetticismo?
È la solita lotta con il senno di poi, che dopo il Friuli conferisce addirittura poteri paranormali.
Così, al volo: serve ricordare quanto la professionalità abbia ancora un valore pazzesco di questi tempi. Tocca prendere nuovamente nota che creste e tatuaggi non fanno il giocatore, ma è un processo d’intenzione che si crea in settimana sotto gli occhi di chi decide. Tocca tirare il fiato e ringraziare di averne ancora, uomini così. E tocca soprattutto raccogliere ogni singola sfumatura e portarla con sé quando il grigio di certe prestazioni tornerà a bussare.
Nella mischia, vengon fuori i gladiatori. Nella lotta, solo chi ha imparato a combattere mantiene l’armatura intatta. Il tempo è solo l’ultimo ostacolo da superare, Christian: sai già come si fa.
Cristiano Corbo
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