È terminata, ieri, una delle serate più deludenti della storia recente del Napoli e si è conclusa in un misto di sensazioni e sentimenti fatti di rabbia, frustrazione e uscite poco eleganti. È terminata, forse, con l’imperativo alla Eduardo “Adda passà a nuttata”, per rifletterci meglio e analizzare la situazione in modo coscienzioso. La “nuttata” è passata, i pensieri no, ma probabilmente si ha adesso la capacità di elaborarli in maniera più lucida e organizzata.
Fa specie che mentre il Napoli crollava non giocando contro il modesto, modestissimo Feyenoord già eliminato da ogni corsa europea, si alzasse una schiera di dita puntate contro Pep Guardiola, reo di non aver fatto abbastanza per battere lo Shakhtar. Troppo semplice vestirsi da fantomatici ghostbusters e dare la caccia a nemici immaginari. La realtà è che i veri fantasmi che il Napoli deve cacciare e scacciare sono quelli del suo incurabile vittimismo, incapace di far vedere la luce dei fatti e che, cioè, semplicemente non si è stati all’altezza.
Non essere all’altezza, ecco. Ma c’è differenza tra non esserlo per i mezzi a disposizione o per una predisposizione mentale, un disegno già delineato in partenza che tagliava dai piani la possibilità di proseguire l’Europa dei grandi. Una presa di posizione mai apertamente dichiarata ma sempre sospettata, accarezzata dall’idea che la Champions fosse dispendiosa da un punto di vista fisico, tanto da mettere in pericolo il vero obiettivo stagionale: la corsa (ora rincorsa) allo scudetto.
Dunque si ponga fine ai piagnistei, ai vittimismi, alla ricerca spasmodica di alibi e terzi colpevoli, si abbassi il dito da Guardiola e dal suo City e lo si punti contro sé stessi. La differenza l’ha fatta la fame: lo Shakhtar ne ha avuta e ha battuto il City, il Napoli no ed è stato battuto dal Feyenoord. La risposta è tutta nella mentalità, che sia chiaro non nasce per essere perdente, è semplicemente programmatica, pianificatrice. Il piano era questo, semplice e spietato, mettere via le lussuose distrazioni e concentrarsi sul campionato. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, i tifosi capiranno, ma adesso non c’è da piangere.
Luca Forte