È inutile negarlo: l’ultima settimana è stata un crescendo in negativo per Sarri e per il Napoli. Un campanello di allarme che si accende, ma sia chiaro, niente di compromesso o che non fosse già risaputo. D’altronde, la probabilità di un’eliminazione in Champions League era altissima, e la sconfitta in Olanda è stata la semplice conseguenza di una mancanza di motivazione, visto il risultato della partita in Ucraina. Non una scusante, anzi, un’aggravante, perché la mentalità cresce proprio attraverso questi match, ma sicuramente non è il problema principale della squadra di Sarri.
L’anno scorso il Napoli uscì dalla Champions agli ottavi di finale, contro un Real Madrid che in tutta la competizione risultò praticamente ingiocabile per chiunque, a parte il Bayern Monaco. Nonostante qualche fatica, soprattutto con il Besiktas, gli uomini di Sarri riuscirono a giocare un ottimo girone e a passare il turno grazie a due splendide prestazioni contro la squadra che, all’urna, si presentava come quella di prima fascia, ovverosia il Benfica.
Dopo un anno, gli azzurri sono usciti dalla Champions, anche in malo modo. Da un certo punto di vista, nonostante in campionato le cose siano diverse, c’è stata un’escalation verso il basso: sì, perché le grandi squadre affrontano la stagione una tappa per volte. La prima, per i partenopei, era quella di approdare in Champions League, e gli uomini di Sarri ci sono riusciti contro il Nizza.
Penare e faticare così tanto per poi essere eliminati, racimolando soltanto 6 punti in 6 partite, frutti di 2 vittorie e 4 sconfitte, sembra un’operazione quasi sadica. Raggiungere l’obiettivo della qualificazione è fondamentale e si dà il massimo – vedasi la seconda parte di stagione dell’anno scorso, straripante – , ma poi, una volta fatto il compitino, non si riesce ad andare oltre. Questione di mentalità o di motivazioni – visto come si sta andando in campionato -, come volete, ma sicuramente non è l’atteggiamento giusto.
Maurizio Sarri ha grandissimi meriti nella costruzione della squadra che, in questo momento, è a un solo punto dall’Inter capolista. L’ha rialzata dalle macerie e le ha conferito un gioco che viene ammirato da tutta Europa. Ma, purtroppo, il calcio è uno sport, da questo punto di vista, bastardo. Il gioco può rappresentare un optional, il risultato no. Lungi da noi pensare che il Napoli dovrebbe rinunciare al suo splendido giro palla, ai tagli di Callejon, alle giocate in velocità e alle uscite palla al piede, ma è anche giusto che ai complimenti seguano le critiche per dei risultati che, francamente, negli anni di Sarri non sono mai arrivati.
Non sappiamo cosa accadrà quest’anno, in cui tutti i tifosi del Napoli credono al tricolore, ma nei due anni precedenti, a marzo il Napoli non ha mai lottato per nulla. Nella scorsa stagione, la corsa scudetto è praticamente finita a novembre, la Champions agli ottavi e la Coppa Italia alle semifinali.
A un certo punto, bisogna assolutamente tirare una linea e verificare quali sono gli obiettivi da raggiungere e quelli raggiunti. Il Napoli, da questo punto di vista, non ha mai fatto niente di più di quanto era richiesto. Semplicemente perché, con questa rosa, non qualificarsi in Champions sarebbe stato un fallimento totale, visto che la quarta in classifica era l’Atalanta. Tra le tre non umane, la squadra di Sarri ha raggiunto il terzo posto. Con un gioco spettacolare, certo, ma alla fine si contano i punti.
Come sottolineato in precedenza, ovviamente Sarri ha dei grandissimi meriti. Inutile elencarli tutti, ma quanto è giusto divinizzare un allenatore che presenta comunque qualche limite? L’allenatore del Napoli non ha mai dimostrato di essere un fuoriclasse della panchina nella sua carriera, e le sue debolezze cominciano a vedersi.
Poche, rispetto ai tantissimi pregi, ma, a questo punto, quasi incurabili. In generale è discutibile la sua gestione del gruppo: le riserve dovrebbero essere spronate a dare il massimo, ma quando entrano in campo, sembra un altro Napoli. Anzi, lo è. E questo dipende esclusivamente dal fatto che i non titolari non sono motivati a dare il massimo. Da questo, ovviamente, scaturisce anche l’incapacità di dare riposo a elementi in evidente affanno, come Hamsik, Insigne e Mertens.
Dall’altro lato della medaglia, però, è doveroso sottolineare come la rosa non sia cotanto qualitativa come in estate si era creduto – Giaccherini, Ounas, Rog e compagnia non sono nemmeno lontanamente a livello dei titolari – e quanto abbiano influito gli infortuni, in quanto Ghoulam rappresentava un tassello fondamentale della manovra sarriana e Milik avrebbe potuto portare a un cambio modulo ora impensabile.
Ostacoli insormontabili? No. Ma forse, all’interno e anche all’esterno dell’ambiente, c’è stata un po’ di presunzione e la settimana nera potrebbe aver riportato un po’ tutti con i piedi per terra. Obiettivi da ridimensionare? Nemmeno. Ma forse, un pizzico di autocritica in più da parte di qualcuno, a partire dalla società, passando per l’allenatore e per i giocatori. Nascondersi dietro alle solite attenuanti oramai non regge più: assodato quanto il gioco sia spettacolare, ora contano per davvero i risultati. Che, purtroppo, nel calcio non sono un optional.
Luigi Fontana
Articolo modificato 8 Dic 2017 - 14:27