Callejon è un po’ che non va a segno con la maglia azzurra, ma sembra essere carico per tornare ad essere decisivo in zona gol e a regalare di nuovo la gioia della vittoria ai tifosi azzurri. Ecco l’intervista allo spagnolo che riporta oggi Il Corriere dello Sport:
Un Re di Spagna a Napoli: si chiama José Maria Callejon. «Non l’avrei mai detto e forse l’ho neanche mai pensato, né quando sono arrivato in Italia, né dopo. Luisito Suarez, anche per chi come me è un ragazzo, rientra le leggende calcistiche del nostro Paese: essere andato oltre, averlo battuto, mi ha stupito e mi ha reso felice».
Volendo scherzarci su, lei è pur sempre il vice-pallone d’oro. «Alle spalle di Cristiano Ronaldo, dove sono stato per un po’, si vive bene: giocatore immenso, direi mostruoso per il senso della professionalità. Il primo ad arrivare e puntualmente l’ultimo ad andarsene dal campo: uno che non ha certo bisogno di allenarsi, volendo, e che invece finisce per essere d’esempio a tutti».
Per citare Allegri, allenatore della Juventus:di Callejon non bisogna mai fidarsi, sembra giochi a nascondino e poi…. Pum, ti fa gol. «Ho smesso da un po’, come mia cattiva abitudine in questo periodo dell’anno. Ma riprendo in fretta».
Si può parlare di crisetta? «Esagerati che siete! È una flessione momentanea e umana, con tante partite in rapidissima successione. Ci può stare che accada e non bisogna farne un dramma. Anzi: bisognerebbe pensare che, nonostante tutto, restiamo un punto dietro l’attuale capolista».
Qualcosa vi manca… «Intanto, Ghoulam e Milik, due infortuni che ci hanno tolto tanto. Ma siamo consapevoli che questi sono i rischi del mestiere e vanno fronteggiati. E poi è vero che siamo meno travolgenti che in settembre o in ottobre. Ma penso che ciò sia la norma: toccherà anche agli altri».
Higuain e la Juventus vi hanno tolto il sorriso. «Ci hanno semplicemente battuto: 1-0 per loro, senza che lo meritassimo. E’ una sconfitta che fa male, per come è maturata ma anche perché ci ha tolto la possibilità di staccarli in maniera ragguardevole. Però non ne abbiamo fatto un dramma, né vivremo con quel tarlo dentro».
Intanto, vi siete tolti il«peso» della Champions…. «Io a quelle partite non rinuncerei mai. E come me tutti noi del Napoli, che sappiamo quanto valga una manifestazione del genere. La fatica, in certe notti, non le senti. E chi gioca al calcio a certi livelli vuole la Champions».
Più del campionato? «Insieme. Non si fanno distinzioni, né calcoli: sbaglia chi pensa il contrario. Perlomeno in un grosso club come il nostro, in cui le ambizioni sono elevate. Però bisogna accettare il risultato del campo, gli altri sono stati più bravi. Si riparte, con nuovi orizzonti: ora c’è l’Europa League, ad esempio, e nessuno di noi si permetterà di affrontarla con leggerezza».
Il vostro sembra definito. Il suo anche. «Sogno una bella estate, prima lo scudetto e poi il Mondiale con la Spagna. Prima di chiudere la carriera, ed ancora un po’ ce ne vuole, mi piacerebbe giocarne uno, vivere quelle sensazioni».
Percentuali per l’uno e per l’altro? «Impossibile farne. Io so che mi manca la brillantezza, in questo momento, ma so che tornerà: e quindi farò l’impossibile per esserci in Russia. E ciò significa che darò – ma lo farei a prescindere – tutto quello che ho per il Napoli».
Per il titolo è una corsa a cinque? «Direi di sì, siamo tutte lì in otto punti, gli scontri diretti si sono quasi tutti giocati ed hanno sottolineato uno straordinario equilibrio».
Vale, per voi, di più aver vinto a Roma con entrambe le avversarie o aver perso con la Juve e pareggiato con l’Inter al san Paolo. «Direi che i nostri successi sono maggiormente indicativi, per il modo in cui sono maturati».
Radiografia delle avversarie: la Juventus. «Viene da sei scudetti consecutivi e basterebbero quelli per indicarla come favorita. Una responsabilità che appartiene più a loro che agli altri».
Comanda l’Inter. «E Spalletti l’ha cambiata. È difficile farle gol, come si vede è stato impossibile batterla».
La Roma è subito dietro di voi. «Ha immediatamente recepito il calcio del proprio allenatore e Di Francesco è bravo, vuole giocarsela sempre a viso aperto, ha analogie con noi».
La Lazio non s’arrende. «La sorpresa, ma fino ad un certo punto. Anche l’anno scorso ha fatto bene. Ha qualità e non è semplice andare ad affrontarla».
I più belli chi sono? «Ma noi, ovviamente. E lo dico senza presunzione. Chi ci vede giocare, si diverte; però garantisco che accade la stessa cosa a noi che siamo in campo: avvertiamo un senso di allegria, che dà energia».
La Juventus è un’ossessione? «Assolutamente no. È una sconfitta. Basta».
La sua carriera finisce qua, a Napoli? «Ho un contratto con scadenza 2020, quando avrò trentatré anni. E quel giorno spero di poter resistere almeno un altro paio di stagioni. Non sono in grado di ipotizzare il futuro, né di negarmelo. Io posso dire che qui sono un uomo felice, anche se mi mancano la famiglia e i luoghi a cui sono legato. Ma sono anche un uomo fortunato, faccio il lavoro che volevo, mi dà soddisfazioni, una serenità interiore assoluta. Io qua ho trovato una città che mi ha aperto le proprie porte e mi ha fatto sentire come a casa mia».
Ci sono altri piccoli – grandi desideri da realizzare. «Vorrei poter avere la possibilità di giocare un anno con il mio gemello Juanmì. Il legame che c’è tra noi due è fortissimo, abbiamo la necessità di sentirci ripetuta- mente, anche cinque-sei volte al giorno, anche solo per chiederci, in video telefonata, come siamo, cosa stiamo facendo».
Segreti dello spogliatoio se ne possono rivelare, inconfidenza: lei è il preferito di Sarri… «No, dai: diciamo uno tra i preferiti».
Come disse un suo collega: si butterebbe nel fuoco per lui? «Ma poi mi brucerei e non potrei arrivare, come voglio, a maggio: ho due appuntamenti, come le ho detto».
Un altro Callejon? «Mi tocca aspettare: la più piccola delle bambine ha un anno. Io un erede lo vor- rei, ma a casa mia comanda mia moglie».
Articolo modificato 15 Dic 2017 - 12:57