Mertens non ci sta: “Crisi? Solo due pareggi ed una sconfitta. È fuori discussione!”

Dries Mertens appare in fase calante nell’ultimo mese e la rete sbagliata davanti la porta contro la Fiorentina ne evidenzia una stanchezza fisica preoccupante. Il Corriere della Sera ne ha riportato un’intervista:

Juve, Napoli, Inter e Roma. Chi arriva primo a maggio?

«L’ordine di questo elenco non mi piace troppo. Facciamo così, mi rifaccia la domanda e inverta le prime due squadre».

Dries Mertens non vuol sentir parlare di crisi del Napoli. Ostenta consapevolezza e sicurezza:

«Siamo lì, a un punto. Possibile che due pareggi e una sconfitta rimettano in discussione tutto? Siamo in corsa e fino alla fine proveremo a vincere».

Mantiene fede al patto che avete fatto nello spogliatoio a inizio stagione?

«A voi piace raccontarla così, e va anche bene. Il patto, quello vero, l’ho fatto con la città che aspetta di vincere qualcosa da trent’anni. Sono rimasto a Napoli per questo».

Gli scudetti non si vincono da soli, però.

«Appunto, questa è una squadra forte, in cui credo fermamente. Allenata da un comandante, uno che ha cambiato la vita a tutti, ci ha trasformati in un gruppo solido e motiva- to, ha reso forti gioca- tori normali».

In che senso?

«Sarri ci ha trasferito il suo modo di intendere il calcio, una filosofia che ci contraddistingue dagli altri e che ci fa esprimere il nostro gioco nel migliore dei modi: se teniamo la palla, comandiamo sempre noi. Siamo una squadra che si diverte giocando, questo è un valore aggiunto».

Cinque gare senza gol, lei si sta divertendo un po’ meno?

«Non sono il centravanti che vive solo per il gol. Non sto lì ad aspettare che arrivi la palla giusta. Lavoro con e per la squadra. Un assist, se vinciamo, ha lo stesso valore di un gol. Preferisco i tre punti».

Bisogna essere al top della condizione, però.

«Questo è un momento difficile e stiamo provando a superarlo. Ma sono fasi che possono capitare. È successo e non mi sembra che abbiamo perso troppo terreno. Davanti a noi c’è solo l’Inter, siamo a metà del cammino. Non so se ci riusciremo, ma il nostro obiettivo resta lo scudetto».

Non è un problema di stanchezza, fisica o mentale che sia?

«Non credo, siamo giovani e con tanta voglia di stare sul pezzo. Mi lamentavo quando non potevo giocarle tutte, non adesso che sono sempre in campo. Piuttosto siamo diventati vittime del nostro gioco. Le squadre ormai ci conoscono e studiano il modo per bloccarci. Qualcosa dovremmo cambiare per continuare a sorprendere e diventare più imprevedibili».

Non si arrabbi, ma nel frattempo il Napoli ha detto addio alla Champions.

«Giusto, ma ho sentito che l’abbiamo snobbata o che inconsciamente ci siamo applicati di meno. Abbiamo dato tutto, invece. Come faremo in Europa League. Nel calcio, poi, non tutto fila sempre liscio, ci sono gli episodi che non sono girati a nostro favore. E poi gli infortuni di giocatori importanti. Non è una giustificazione, certo. Durante una stagione devi mettere in conto che può capitare».

Diventa complicato quando, rispetto alle altre squadre, il Napoli ha una panchina meno lunga.

«Quando parlo di squadra forte mi riferisco a tutti e 25 i giocatori, pronti a fare qualsiasi cosa pur di raggiungere l’obiettivo. Il secondo tempo contro la Fiorentina ci ha già detto che siamo in ripresa, siamo tornati sulla strada giusta. Le altre squadre sono altrettanti forti ma possiamo competere».

Con Juventus o Inter?

«Non ci piace guardare in casa d’altri. Entrambe possono darci fastidio fino alla fine, ma pensiamo a come migliorarci. Rispetto all’anno scorso siamo diventati più adulti, non ci lasciamo condizionare dal momento né dalla forza degli altri. Abbiamo imparato a lavorare su noi stessi, sentendoci in grado di imporre il nostro gioco».

Ha fatto gli auguri di compleanno a Higuain?

«Caspita, me ne sono dimenticato. Capita. Non credo ci abbia fatto caso».

Al San Paolo invece ha fatto caso al suo gol?

«È un fuoriclasse, lo sapevamo. Ma ora gioca in un’altra squadra e non mi va di parlare di lui».

Un giorno anche lei potrebbe tornare da ex, aspettandosi magari un’accoglienza diversa.  

«Sono rimasto a Napoli perché ho creduto in questo gruppo, nella forza di Sarri e del progetto. Potevo guadagnare molti più soldi in Cina, ma questa città è un po’ la mia città, i tifosi meritano di vincere. Ci stiamo provando e speriamo di riuscirci».

E dopo?

«Festeggeremo insieme. Poi c’è il Mondiale, mi dispiace non ci sia l’Italia. E non sarà la stessa cosa, purtroppo gli azzurri hanno trovato la Spagna».

Resta a Napoli?

«Ho un contratto di due anni».

Con una clausola di 28 milioni che lei stesso ha definito un affare per chi la paga.

«Da me non è venuto nessuno. In ogni caso, sono concentrato su questo momento, voglio continuare a divertirmi e vincere, al dopo non penso. Nel calcio può succedere di tutto, meglio non andare troppo oltre».

A proposito di contratti, si è fatto un’idea del caso Donnarumma?

«Non lo so, io ci penso bene prima di firmarne uno. Con tanti milioni in ballo non credo ci possa essere una forma di condizionamento psicologico. Poi non conosco bene la sua situazione».

Icardi, Dzeko o Belotti, centravanti diversi da lei. Chi preferisce?

«Sono forti, ma scelgo Mertens».

Mertens cosa farà da grande?

«Mai l’allenatore, troppo stress. Mi piacerebbe insegnare calcio ai bambini».

Sarri è stressato?

«Direi di sì… Cinque pacchetti di sigarette al giorno… Lei che dice?!».

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