L’ex ct azzurro Arrigo Sacchi ha parlato del Napoli di Sarri, rilasciando una lunga intervista per l’edizione odierna de’ Il Mattino:
Sacchi, cosa deve fare Sarri in questo momento?
«Deve andare avanti così. Deve avere dei giocatori molto animati, disposti a dare tutto, mettendo al centro di tutto la propria volontà e i propri valori. Se il Napoli vuole arrivare davanti ai bianconeri lo può fare solo tenendo al massimo livello i suoi valori. Non ha top player, non ha giocatori che hanno vinto un campionato importante. Per molti di loro è una situazione inedita, sono progrediti moltissimi grazie all’organizzazione fantastica del loro tecnico. Perché il gioco esalta sempre le individualità».
Che ruolo deve avere la società?
«Per certi versi l’esempio da seguire è proprio la Juve, una società avanti dieci anni rispetto a tutte le altre. Lo scorso anno la Juventus ha dimostrato quello che bisogna fare: fuori Bonucci prima di una gara di Champions. Chiaramente chi doveva capire ha capito… e non credo che fosse solo Bonucci a dover capire il messaggio».
Il gioco del Napoli è divenuto più pratico?
«Non stanno benissimo. Il gruppo è esiguo, in fondo non sono tanti. Sono 13 o 14 allo stesso livello. La Juventus ne ha 22 sullo stesso piano e tutti abituati a vincere come Khedira, Matuidi, Marchisio, Barzagli, Chiellini e così via. Pensate che in panchina hanno Bernardeschi che costa 45 milioni di euro e non credo abbiano mai giocato novanta minuti per intero».
C’è il rimpianto che con 57 punti il Napoli ha un solo punto sulla Juve?
«Non è un campionato come era vent’anni fa, dove c’erano sei o sette squadre. Ora per il Milan sono anni bui, per l’Inter quasi, la Roma non ha continuità. E così si è potenziata la leadership del Napoli e della Juve che ha in Allegri un allenatore con grande capacità professionali, un vero professore di tatticismo».
E per la squadra di Sarri come la mettiamo?
«Il Napoli è una macchina fantastica basata sul movimento, sulla velocità, sulla coordinazione, sui tempi di giocata, sui ritmi e che ha nello spazio e nel movimento la sua ragion di vita. Ha tutto ciò che mi piace di una formazione che gioca al calcio: è compatta, sinergica, ha una connessione che aumenta la sinergia. Vince con merito e con coraggio».
Ha un po’ criticato Insigne negli ultimi tempi?
«Sì, perché il Napoli non può accettare eccessi di egoismo perché tutto ruota sulla generosità e sulla collaborazione. Il grande regista è l’allenatore che ha fatto crescere tutti».
In che senso?
«Ghoulam sembrava che non sapesse difendere, Koulibaly era solo forza e basta, Albiol sembrava a fine carriera, Jorginho, Insigne e Mertens erano delle riserve prima di Sarri. Un solo top player ce l’avevano e l’hanno preso i rivali...».
È uno svantaggio, come dice il suo allievo Sarri, giocare dopo?
«No, non credo. A me sarebbe piaciuto giocare conoscendo già il risultato della mia antagonista. È un vantaggio sapere se ha vinto… così mi costringono a vincere. A Maurizio però do un consiglio: non si lamenti più».
Cosa ha di più la Juve, oltre l’abitudine a vincere?
«Il fatto che può raggiungere l’obiettivo del successo su punizione, su angolo, su un errore dell’avversario, di testa, su giocata individuale. Il Napoli non vince senza la sua bellezza».
È l’anno giusto per detronizzare la Juve?
«Il Napoli deve continuare in questo suo capolavoro».
Vede la rivalità nord e sud tra Napoli e Juve come lo era ai tempi dei duelli col Milan?
«Erano anni diversi. Il gioco degli azzurri è ammirato ovunque. Il Napoli gioca meglio di tutti, perché ti emoziona di più: è la squadra che crea più spettacolo, che genera più spinta. Il suo è un calcio mai noioso. Ha tre attaccanti che messi assieme non fanno il peso di un attaccante normale, ma quando hanno palla fanno vedere le stelle a tutti. Spero che Valdano stia ammirando questo Napoli».
Perché Valdano?
«Una volta disse che quando c’era in tv una partita italiana era contento perché poteva occuparsi d’altro, tanto di sicuro non si sarebbe perso nulla. E in ogni caso, quando qualcuno faceva gol, lui poteva vedere il replay».
Vedendo Sarri cambierebbe idea?
«Ma certo. Gli farei vedere Atalanta-Napoli che è stata una partita kafkiana con difficoltà da uno a 10… 11. Difficilissima. Come un Milan-Nacional Medellin, finale della Coppa Intercontinentale del 1989. Come quella, una partita tra due squadre che giocavano sempre come se fosse una corsa di MotoGp dove, in un percorso solo curve, i due in testa non fanno che superarsi in continuazione. Alla fine del primo tempo mi sono dovuto ricordare di respirare».
Le somiglia molto Sarri?
«Penso che viva il calcio proprio come lo vivo io. Per trent’anni sono andato al cinema una sola volta. E per vedere un film di Tinto Brass. Mi sembrava di togliere tempo prezioso al mio lavoro».
Non a caso poi è finito dallo psicologo?
«Era un mio tifoso. Non si stupì del fatto che ero lì, ma di come avevo fatto a vivere in quella maniera fino a quel giorno. Però rifarei ogni cosa».
Domenica c’è il derby con il Benevento ultimo in classifica.
«Per loro è la partita della vita. E se non lo è pure per quelli del Napoli è già uno svantaggio».
Il Var la appassiona?
«Non ci sarà mai uno strumento che possa garantire che non ci sarà un errore. Ma se uno ha meritato, che importa se ha fatto gol per un centimetro in più o in meno?».