È stato un romanzo. Un romanzo avvincente, da leggere d’un fiato, in un pomeriggio o due. Da affezionarsi al protagonista e alle sue continue sventure. Eppure, pagina dopo pagina, il lettore sperava di veder qualcosa cambiare, di vedere il protagonista sollevarsi dalle proprie ceneri e dire la sua, cambiare le sue sorti, abbandonare la propria sventura.
È stato un romanzo di quelli consumati fino all’ultima pagina e poi… niente. Niente. Il finale lascia l’amaro in bocca, il libro viene riposto via, magari in soffitta, senza badarci più. Aspettative alte, un finale deludente. Il mercato del Napoli s’è impantanato negli stessi errori, nella cocciutaggine sregolata di un Orlando Furioso.
Ha preso una bella cotta con Verdi, De Laurentiis. Ci ha provato, riprovato, l’ha convinto, poi il dietrofront e ancora la convinzione di accettare Napoli. In ballo cifre grosse, il portafoglio aperto e immediatamente chiuso. Perché l’ennesimo ripensamento di Verdi ha scaturito il no definitivo.
E si potrebbe discutere sulle colpe della presidenza. No, non ne ha. I piani alti del Napoli sono esenti da peccati, dice qualcuno. Verdi dice no, il Sassuolo s’impunta per Politano, Younes corre al capezzale del nonno e non risponde al telefono. Una serie di sfortunati e imprevedibili eventi.
Ma è pur vera un’altra affermazione: il Napoli non fa nulla per prevedere situazioni del genere. La programmazione scarseggia, come se mettere sul piatto i soldi fosse un automatico sinonimo di vittoria. Pagare moneta, vedere cammello. No, non è sempre così facile.
E dunque un pugno di mosche, ma non solo. La sensazione – che s’insinua nei tifosi – di essersi resi protagonisti di una pessima figura. Anzi, due. La rincorsa folle a Verdi ha ridimensionato il Napoli agli occhi del mondo. “No” secco alla prima in graduatoria, il tira e molla sull’asse Napoli-Bologna-Dubai concluso con un nulla di fatto.
Sembrava finita, sembrava facile dimenticare tutto e buttarsi a capofitto sui nuovi obiettivi. I primi approcci per Politano, le suggestioni – e nient’altro – Lucas e Deulofeu, l’affare Younes. Che intanto era stato chiuso per giugno, poi è stato condotto alla base prima.
Un affare lampo, cinque milioni, le visite mediche, la presenza al San Paolo. La firma salta, il nonno sta male, forse sorgono problemi economici con l’Ajax. Di fatto, non si conclude nulla.
Intanto il Napoli tratta Politano, quasi convince il Sassuolo, poi sì, poi no, poi sì, poi ancora no. E quando tutto sembra sfumato, ecco l’ennesimo rilancio a meno di un’ora dal termine e all’interno di un intrigo da prima pagina di quotidiano. Politano al Napoli, Farias al Sassuolo con il prestito di Ounas. A cinque minuti dalla chiusura delle porte salta tutto, non c’è tempo. La sabbia nella clessidra s’è rovesciata interamente, i giochi sono fatti e finiti. Forse, non c’è mai stato tempo.
Di fatto, il Napoli aggiunge alla sua rosa Machach, perde Giaccherini e Maksimovic. Forse s’indebolisce.
Di fatto, si affida tutto l’onere nelle mani di Sarri. È un “do” – da parte dell’allenatore – senza “ut des”. Lui era il primo ad aspettarsi qualcosa dalla dirigenza ed è stato il primo ad assistere alla tragicomica piega che hanno preso gli eventi. Ora dovrà fare i conti con chi ha in rosa, dovrà cavare dai suoi 13-14 fidatissimi la risposta al dilemma: riuscirà a vincere lo Scudetto?
Questo, però, non è il mercato di chi vuole vincere, di chi crede che l’obiettivo sia lì ad un passo e basti uno sforzo in più per arrivare a gustarlo. È il mercato di chi – forse – ha paura e si trincera dietro copioni già visti. E quindi la palla passa a lui, a Sarri: tutto il Napoli – e tutta Napoli – è nelle sue mani.
Vittorio Perrone
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