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Un portamento fiero, anche in una giornata così triste. E il destino sembra già segnato. Anche se in fondo fare piani a lungo termine non sempre ci aiuta a vivere il presente. Forse è questo il messaggio più importante che Davide Astori ci ha lasciato prima di andarsene tra lo sgomento. Ma a 36 anni non sei più un giovanotto.

Christian Maggio stamattina era alla Basilica di Santa Croce, a Firenze, dove il mondo del calcio si è fermato e riunito per dare l’ultimo toccante saluto a Davide Astori.

La delegazione del Napoli non era nutrita, contava Edoardo De Laurentiis e Cristiano Giuntoli. Due dirigenti, o due dirigenti e mezzo. La figura istituzionale di Maggio è quella più forte, tra i ragazzi azzurri. La fascia di capitano è proprietà insindacabile di Marek Hamsik, ma lui, Christian, s’è ritagliato il suo spazio. Da quasi dirigente, da garante, da intermediario tra la proprietà e la squadra. Accadde nel 2015, quando ADL mandò tutti in ritiro e fu lui a trattare l’armistizio per far tornare i compagni alle proprie case.

Accade quando mostra la sua faccia davanti ai microfoni, con quelle parole che suonano di circostanza ma che riescono a rassicurare l’ambiente, come un dolce sussurro che risuona nell’orgoglio: “Andrà tutto bene”. È conosciuto, è rispettato.

Da anni si dibatte sull’assenza di una figura dirigenziale forte e diplomatica. Tra chi ha dimenticato la voce di Giuntoli (che effettivamente ha altri incarichi) e chi invece neppure conosce l’organigramma societario del Napoli. Maggio, invece, è un volto noto. Ci sa fare, è diplomatico, non fa polemiche e non ha macchie nella sua longeva carriera.

È l’identikit perfetto per dare riconoscibilità alla dirigenza e al Napoli. Non ora, magari fra 4 anni. Quando sarà, Napoli saprà accoglierlo. In dieci anni di servizio ha lasciato una traccia indelebile. In campo e – anche in futuro – fuori. Noi siamo pronti a scommettere su di lui.

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Scritto da
Vittorio Perrone