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Non è il solito copione, perché a volte ci si deve credere “fino alla fine”

Sembrava di averlo già vissuto un pomeriggio del genere, figlio di una domenica stregata e di un destino beffardo che gioca a fare il burattinaio con i sentimenti azzurri. Sembrava tutto già scritto, tutto già segnato come se su Napoli e sul Napoli ci fosse una maledizione che non gli permettesse di ambire a qualcosa di più dell’ordinario quotidiano vivere.

E così la rabbia, il nervosismo, la frenesia e la perdita di controllo, qualche parola di troppo, qualche fischio, qualche gesto. La tifoseria azzurra è diventata emblema della rassegnazione, un popolo che di fronte al proprio destino si rende conto di non potersi permettere il lusso di sognare. Come se sognare costi poi qualcosa.

I cori contro De Laurentiis, la polemica contro Insigne (che dal canto suo risponde), qualcuno lascia addirittura lo stadio in anticipo, quando ormai gli azzurri sembrano dover crollare sotto le proprie macerie. Che peccato, non sanno che cosa si sono persi.

Capita a volte che il destino, il fato, la sorte, la fortuna, siano soltanto un vetro sporco che appanna la visione della realtà. Il Napoli oggi a 5 minuti dalla fine ha distrutto, frantumato questo vetro, disintegrandolo in una miriade di frammenti, tanti quanti gli improperi pronunciati fino a quel momento.

Le speranze del Napoli si riassumono in una corsa, minimo comun denominatore di una stagione senza sosta. La corsa di Milik che dopo l’incornata si precipita a raccogliere il pallone in porta perché sa che niente è impossibile se ci si crede. La corsa inarrestabile di Diawara dopo il suo meraviglioso, estasiante gol del vantaggio e della vittoria. Correre per continuare a correre, per non smettere di credere di poter afferrare la Juventus, per guardare in alto e farlo a testa alta.

Nell’incurabile complesso di inferiorità, nel pessimismo dilagante che serpeggia nelle menti azzurre, deve farsi strada il cuore, la dote più grande che un tifoso possegga, l’unico in grado di esplodere e di risanare in un solo colpo tutte le sofferenze precedenti. Perché sì, sembrava proprio ancora una volta il solito copione; metti l’imprecisione, metti Sorrentino che vola, metti Mertens che sbaglia il rigore, metti Stepinski che trova l’incrocio. Ma stavolta no, stavolta no.

Sarebbe stato fin troppo doloroso dire addio al campionato in questo modo, in un pomeriggio d’aprile col San Paolo pieno di bambini e tifosi giunti per partecipare a uno spettacolo. Ci eravamo cascati, ognuno di noi, dai tifosi che hanno abbandonato il San Paolo a noi addetti ai lavori che avevamo preparato il classico pezzo post-disfatta.

Ma abbiamo strappato e gettato via tutto per scrivere di una rimonta, per raccontare di una gioia, per sottolineare quanto questa squadra sia in grado di sorprendere e di sorprenderci, fino all’ultimo respiro, fino alla fine della stagione. Perché in fondo “fino alla fine” è un motto vale un po’ per tutti. Proprio tutti.

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Scritto da
redazione