Vorremmo tutti un lieto fine alla Tonelli. La rivincita dopo mesi e mesi di anonimato, quei boati e quelle ovazioni che mancavano, l’adrenalina prepartita ormai dimenticata. Lorenzo si allenava tutti i giorni, lì a Castel Volturno non è mai stato un emarginato. È amico di tutti. Scherza, si diverte. E si allena. Suda, fatica, lotta. Sì, ha dovuto lottare per ritagliarsi quello che oggi è uno spazio significativo.
I primi sei mesi di questa stagione sono stati un purgatorio di tribune da cui Lorenzo è uscito alla grande. Un po’ per la sorte, sì. Soprattutto per la voglia di non arrendersi. Lui, nemmeno convocato per gran parte della stagione, s’è trovato titolare in una di quelle gare di cartello che tanto piacciono agli amanti del calcio. Era Napoli-Lazio. Gli infortuni di Albiol e Chiriches e la cessione di Maksimovic gli avevano spianato la strada, il resto l’ha fatto lui con una prestazione da incorniciare.
Come quella di Lipsia, come quella di ieri. Con l’Udinese è arrivata la consacrazione definitiva, la certezza che sì, Tonelli nel Napoli può starci, non è un pesce fuor d’acqua, come qualcuno pensava. È roccioso, arcigno, caparbio. Le qualità di cui un difensore ha bisogno. E se poi riesce anche a segnare, beh, tanto di cappello. Specialmente se quel goal è una metafora di quanto accaduto. Tonelli ha preso il tempo, ha staccato da terra, in volo, ha impattato il pallone, ha esultato.
È capitato così in fretta, quel goal.
È passato così lentamente, questo calvario. Sono stati sei mesi duri, finché Lorenzo non s’è librato in aria e ha impattato un metaforico pallone di testa. Oggi esulta, può sorridere, può godersi la vita. La rivincita di Tonelli è una metafora della nostra vita, è il lieto fine che tutti desiderano. Andare agli allenamenti a Castel Volturno oggi è diverso, ha un sapore totalmente nuovo: Lorenzo sa che, quando arriva la domenica, c’è la possibilità che scenda in campo. Finalmente.
Articolo modificato 19 Apr 2018 - 11:27