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Ci ha messo un minuto, un solo minuto Arkadiusz Milik per sbloccare una partita che il Napoli ha condotto per 70 minuti senza trovare la via del gol.

Uno scambio con Allan, uno sguardo alla porta e via, una sassata mancina all’incrocio dei pali. Poi la linguaccia, la tanto discussa linguaccia ben più pacifica della reazione che ha suscitato.

Un minuto per dimostrare di essere tornato in forma, se non totalmente quasi. Una grande mancanza durante tutta l’annata per un Napoli che si è trovato troppe volte in difetto di energie, per via anche dell’assenza del polacco.

Non è un caso, infatti, che i diversi periodi di flessione che hanno interessato il Napoli hanno riguardato la prima linea. Quell’attacco azzurro da cui sono generate, nella primavera scorsa le speranze per la stagione in corso e che volge al capolinea.

Un attacco che un anno fa viaggiava a una media impressionante di gol a partita, dandosi la presunzione, a fine anno, di siglare a buona ragione un ‘patto Scudetto’ nello spogliatoio. Di fidarsi delle proprie armi per raggiungere un’impresa ai limiti della leggenda, contro una rosa nettamente superiore dal punto di vista almeno quantitativo.

Non è dato saperci se senza le assenze del polacco (e ci si può aggiungere quella di Ghoulam), il Napoli avrebbe potuto dire la sua con una convinzione ancora maggiore di quella che l’ha portata a raggiungere comunque il record di punti (88 oggi contro gli 86 dell’anno scorso) e con una giornata di anticipo. Resta, però, questo un aspetto che ha indubbiamente influenzato, mentalmente prima e praticamente poi, il gruppo di Sarri.

Un’avventura che oggi si chiude con la vittoria dello scudetto da parte della Juventus, ma con troppi pochi rimpianti rispetto alla fierezza del lavoro svolto da parte del Napoli. Un gruppo che ha mostrato in tutta Europa una qualità assoluta e che ci ha creduto, tolta quella trasferta determinante di Firenze, fino all’ultimo respiro.

Articolo modificato 14 Mag 2018 - 00:51

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Scritto da
redazione