E così è finita. Tecnicamente e matematicamente. La Juve vince il settimo scudetto consecutivo, e il Napoli deve accontentarsi del secondo posto. Qualcosa, però, al di lá del titolo perso, ancora resta: la passione, il calcio vero, la “rivoluzione”. Questa la risposta a quanto accaduto durante la gara di Marassi. Più volte, infatti, la curva blucerchiata ha intonato cori discriminatori e offensivi contro la squadra azzurra e il capoluogo campano, al punto che l’arbitro Gavillucci è stato costretto a interrompere la partita per 5 minuti, e il presidente Ferrero è sceso in campo per calmare la tifoseria.
LA RISPOSTA AI CORI RAZZISTI
Come si risponde al becero? Con un record di punti mai raggiunto nella sua storia, e un titolo di campione di bellezza e fantasia. E a chi dice che col bel gioco non si vince, mister Sarri risponde: “E allora proveremo a giocare peggio l’anno prossimo“, stroncando qualsiasi tipo di replica nel suo solito stile. Così infatti ha contestato la provocazione di Massimo Mauro ai microfoni di Sky, sottolineando ancora una volta come, a parer suo, il bel gioco sia fondamentale per una squadra, e aggiungendo che non è stato quest’ultimo a determinare la chiusura del campionato, bensì altri aspetti che hanno forgiato la psicologia degli azzurri e la loro attitudine al campionato. (APPROFONDISCI QUI)
C’È CHI VINCE LO SCUDETTO DEL CUORE…
Maestro e capo della sua rivoluzione, Maurizio Sarri ha incarnato perfettamente lo spirito di un’intera tifoseria, creando un legame speciale con una terra e la sua squadra, un legame di influenza vicendevole e di stima reciproca, nonostante uno sport spesso caratterizzato da strane logiche e da meccanismi ambigui.
Poco contano i commenti cattivi, il razzismo, gli sfottò, se il cuore vince anche sui trofei. Chi ama preferisce l’orgoglio e la fierezza. Si chiude una competizione, e per ora non ce ne sono altre in cui sperare; ma chi ama sa anche che i meccanismi della passione sono più forti di tutti gli altri. A prescindere dal finale, forse quello che conta è proprio la trama, cosa si è stati in grado di seminare, al di là di ciò che poi si può raccogliere. Onore ad una squadra, all’essenza di uno sport, alla semplice bellezza di due piedi che inseguono un pallone con abilità e magia. Tutto il resto è pura noia. Sicuramente bello alzare i trofei; ma amare da morire (e senza condizioni) lo è molto di più.
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Alessandra Santoro