C’è un immagine di Juventus-Napoli che a molti è sfuggita. È un’immagine trascorsa velocemente tra le mille diapositive di una serata folle. È l’immagine di un abbraccio tra Sarri e Rafael. In pochi hanno carpito il valore simbolico di quel gesto: Rafael, terzo nelle gerarchie dei portieri, è esploso in un impeto di gioia al triplice fischio.
Fa parte della personalità del portiere brasiliano, quel celarsi dai riflettori, quella capacità di gioire senza darlo a vedere. Quel sorridere alla vita anche quando la vita non te ne dà motivo. Lui, atleta di Cristo, ha trovato le forze di superare un cammino spinoso, colmo di ostacoli. L’infortunio al ginocchio, nella fredda notte gallese di Swansea, ne ha segnato profondamente la carriera.
Non s’è mai ripreso completamente, Rafael, che il Napoli aveva portato in Italia con la convinzione di aver trovato un futuro garantito per la porta. La sfortuna gli ha tarpato le ali, il destino era stato troppo crudele. Per la rivincita ha dovuto aspettare un altro anno e mezzo.
Il rigore di Doha, quell’attimo in cui i sogni si sono materializzati in realtà e le lacrime sono sgorgate, è stato l’epinicio più glorioso della sua carriera a Napoli. L’acuto che ricorderà per sempre. Poi le incertezze, la panchina, addirittura relegato a terzo nelle gerarchie. Senza mai perdere il sorriso, né lo spirito di gruppo. Fu lui il primo ad inseguire e abbracciare Rog quando, ad agosto, segnò il primo goal in Serie A.
“Più di una squadra, una vera famiglia” ha scritto la notte del 22 aprile, dopo la trasferta di Torino. A cui non ha preso parte, non in campo. Ma fare squadra è un concetto che va ben oltre il terreno da gioco, e Rafael lo sa. L’abbraccio a Sarri, l’abbraccio di uno qualunque, è la sua massima espressione. È il riscatto emotivo di un ragazzo che ha vissuto una stagione in sordina. Senza mai allontanarsi, lanciare frecciatine o mettere il broncio.
Ora merita un riscatto anche sul campo. Lui, atleta di Cristo, è fiducioso: gli ultimi saranno i primi.
Andrà via a fine stagione, per sua stessa ammissione. Da uomo qualunque, ignaro di quanto affetto abbia generato nei napoletani. Con una semplice parata, un semplice volo, un semplice attimo. A Doha, nel 2014.
Prima di fare le valigie, però, ha tenuto a salutare quello che ormai è il suo popolo: “L’amore che ho provato qui dai tifosi non lo troverò da nessun’altra parte. Vado via con la felicità nel cuore”.