Ha 24 anni e un vissuto importante, almeno calcisticamente parlando. Ciò che ha, Arek Milik l’ha conquistato. A costo anche di raggiungere il baratro, guardarlo, sfiorarlo. A costo di toccare il fondo: solo per darsi una spinta, prendere fiato, risalire. La scalata di Milik parte da lontano. Le etichette pesanti le ha addosso da sempre, da quando ha messo piede a Napoli per la prima volta. In origine, era il sostituto di Higuain, d’un’eredità pesante, troppo.
Il resto è storia: i goal, il crociato, il rientro, ancora il crociato. In una costante scalata, Arek è inciampato. Una, due volte. Se è però vero che ogni ferita è una lezione, allora Arek sa tanto. L’ha imparato sulla sua pelle, sulle sue ossa, sui suoi muscoli. Sa che ogni momento è utile per rialzarsi, per prendersi una rivincita.
A 24 anni il futuro è un’incognita, una miriade di meravigliose opportunità. Se alle spalle hai un vissuto importante, poi, hai la saggezza dei più grandi, la maturità dei più navigati. E sopporti tutto, indossi una corazza per liberarti delle tue debolezze, per difenderti dalle critiche. Usi l’aplomb per allontanare i fantasmi, le voci di chi vorrebbe Cavani e si trova Milik. Li fai parlare, perché non è un tuo compito: quello è segnare.
E Arek segna: ha la media di un goal ogni 100′. Pazienza se non è esteticamente un fuoriclasse, se le sue giocate non fanno innamorare la folla. Pazienza se non è Cavani, per cui nutre profondo rispetto: “Chi è più forte tra me e lui? Lui, è tra i migliori al mondo. Un suo arrivo non mi creerebbe problemi”.
Con pazienza, nonchalance, umiltà: Arek sa che solo con il lavoro può capovolgere gli affetti dei tifosi. Merita, però, rispetto: perché ad oggi il centravanti del Napoli è lui, non Cavani. Va supportato, non sminuito. È una certezza, a dispetto delle volontà, dei chiacchiericci, dei nomi. Lui c’è. Con un doppio nove sulle spalle e tanta voglia di concludere la sua impervia scalata. Fermarsi in vetta e assaporare il momento – c’è da scommetterci – sarà bellissimo.