Hanno fatto breccia come un’invasione barbarica, lì, nel cuore della difesa del Napoli. Letali, devastanti, rapidi, difficili (eufemismo) da contenere. Gli avanti del Liverpool sono così: pedalare, tanto. Le ali nei piedi e qualche colpo di classe, qualche prodezza da contorno che non guasta mai. E il Napoli è stato a vedere, in una partita che s’è divisa in tronconi e che ha riservato ad Insigne e compagni soltanto ossa rotte e poco più. 5-0, dice il punteggio. E il punteggio, in genere, dice tutto.
LE ATTENUANTI
Ma l’eloquenza del tabellino non può riassumere alla perfezione un’ora e mezza di gioco. Il Napoli – è la domanda – è stato in partita? Forse. A tratti. Di certo, non all’inizio. Al 9′ minuto s’era già intuito quale sarebbe stato il destino dei ragazzi di Ancelotti. Schiacciati, travolti dall’impeto dei Reds. 2-0. Con attenuanti. D’altronde se il Liverpool straripa è perché fra 8 giorni debutterà in Premier League, è più avanti con la preparazione e sostiene amichevoli di respiro internazionale dal 22 luglio.
Proseguendo sulla strada delle attenuanti, gli errori arbitrali hanno giocato un ruolo. Decisivo, forse. Marginale, magari. Eppure, nell’ensemble della partita hanno avuto il loro peso: una rete annullata ingiustamente a Callejon, un’altra convalidata (con parecchi dubbi, a voler essere buoni) a Salah.
LE PECCHE
Da lì in poi, sul tris, il Napoli ha mollato la presa. Le menti si sono svuotate, le autostime pure: poteva riaprirsi, s’è chiusa in malo modo. Da lì in poi, soprattutto, il Liverpool ha preso il largo. Tanti gli spazi, poca la voglia di recuperarli, di coprirli, di arginarli. E così, a seguire: Sturridge e Moreno.
Il pokerissimo finale è frutto anche d’errori difensivi e a tratti inconcepibili. Questa, la pecca numero uno. La seconda porta il nome di Karnezis: un erroraccio sul primo goal, colpevole anche su quello di Moreno. Colpevole, sì. Come l’ensemble dei calciatori lanciati da Ancelotti. Dopo aver tenuto botta, s’è deciso di mollare la presa. Quarto e quinto goal ne sono la prova e la controprova, un incredibile buco tra Maksimovic e Chiriches, graziati da Sturridge, un’ulteriore evidenza.
Gettare la spugna così non è certo una prerogativa della mentalità vincente tanto acclamata e invocata con l’avvento di Ancelotti. Sull’aspetto psicologico – e non solo – forse qualcosa va perfezionato. Il tempo c’è, sì, ma non abbonda: tra due settimane c’è già la Lazio. E le attenuanti, quando si gioca con i punti, non bastano.
Vittorio Perrone