Vigile del fuoco, allenatore e riformatore cauto: Ancelotti è l’uomo della metamorfosi

Ha già conquistato Napoli. Con pacatezza, l’umiltà dei più grandi e – soprattutto – ciò che conta davvero, i risultati. Carlo Ancelotti ne ha viste tante, tantissime. A Napoli, probabilmente, ne vedrà di nuove. E se non s’aspettava un clima così rovente per questioni che non riguardano il campo, ha saputo gettare acqua sul fuoco. Ha di fatto indossato i panni del vigile del fuoco e raffreddato i bollori di De Magistris, De Laurentiis e dei tifosi. Sì, sul campo il Napoli mette tutti d’accordo. E come potrebbe essere altrimenti? Due vittorie su due, contro Lazio e Milan. E di rimonta tra l’altro, come piace al cuore dei tifosi. Il Napoli, questo Napoli, è già di Ancelotti.

Ma cosa ha realmente portato, aggiunto, rifinito, il tecnico di Reggiolo? Una capacità di ribaltare le partite che prima non c’era? No, falso. Il Napoli, lo scorso anno, era primatista per punti raccolti da situazioni di svantaggio. E ha cambiato tanto in corsa anche Sarri, che – fin quando ha avuto a disposizione Milik – ha sperimentato, quando in svantaggio, il 4-2-3-1.

Cosa ha aggiunto, davvero, Ancelotti? Quanto Carlo c’è, nel Napoli? E quanto Sarri persiste? Tanto, rispondendo alla seconda domanda. Qualcosa, alla prima. Il Napoli è un ibrido tra il Sarrismo e l’Ancelottismo, tra i meccanismi collaudati e quelli da imparare. Il Napoli, soprattutto, è in metamorfosi. Un passaggio al 4-2-3-1 graduale e quasi naturale è la strada più verosimile per il futuro.

Intanto, nella miriade di combinazioni sarriste che ancora si notano (prima palla goal, apertura per Callejon e suggerimento centrale per Allan), si nota la mano da riformatore cauto di Ancelotti. Un gestore di risorse umane e tecniche sa, d’altronde, da cosa ripartire. La base di Sarri c’è, con qualche piccola novità. Qualche lancio lungo in più, con Hamsik ancora da registrare nelle misure e con il rischio di andare in confusione sfiorato contro il Milan. Una maggiore elasticità mentale (ma Sarri avrebbe davvero inserito Luperto?) e tattica, con un Napoli camaleontico che di moduli, nel corso della partita, ne sperimenta anche tre.

La mossa vincente, però, è quella che di fatto porta ai goal di Zielinski. Libertà agli estrosi, ai fantasiosi, ai tiratori. Come Mertens, che quando subentra in un ruolo indefinito, ha libertà di puntare l’uomo e colpire. E quando triangola con Insigne fa impazzire la difesa rossonera. La qualità, in avanti, abbonda ed è libera di esprimersi. Zielinski, d’altronde, l’ha già mostrato con una doppietta d’autore. Più vicino alla porta può essere letale. Specialmente quando ha la possibilità di esplodere il tiro, destro o sinistro che sia.

È un Napoli che vince mutando e muta vincendo. La trasformazione è in fase embrionale, la mano di Ancelotti sarà visibile con chiarezza probabilmente verso ottobre. La transizione, però, non sarà così dolorosa come si pensava inizialmente.

Vittorio Perrone

 

 

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