Nel 1963, Vittorio De Sica portava nelle sale italiane “Ieri, oggi e domani“, una pellicola che passerà alla storia del cinema nostrano. Il film, vincitore di un premio Oscar, è entrato nella memoria collettiva del Paese per più scene, tra le quali il celeberrimo “tene ‘a panza” o lo spogliarello di una superlativa Sophia Loren.
La pellicola racconta l’Italia dal dopoguerra fino ai primi anni ’60 e cerca di prefigurare quali potranno essere le prospettive future. Il tutto raccontando tre storie, ognuna dedicata ad una fascia sociale. Proletariato, nobiltà e borghesia. Il nuovo Napoli di Carlo Ancelotti non fa differenze, guarda al passato per lavorare nel presente e cercare di capire quale sarà il suo futuro.
Questo post in breve
La vittoria contro il Milan al San Paolo ha mostrato l’anima del nuovo Napoli. Una squadra a metà tra quella operaia e arrembante di mazzarriana memoria, e il nobile Napoli sarriano fatto di fitte trame di gioco e di perfezione dei movimenti.
La versione 2018/2019 delle “pantere” azzurre, sembra essere il giusto mix di quelle che fino ad oggi, nell’era De Laurentiis, sono state le due esperienze tecniche con le maggiori fortune.
Oggi naturalmente nessuno potrebbe definire questo Napoli operaio per le più svariate ragioni. Un tecnico di livello internazionale come Carlo Ancelotti, il budget salariale che è ormai raddoppiato in confronto a quello di due lustri passati e gli obiettivi di questo e di quel Napoli.
Al di là di tutto però, questo, non è nemmeno il nobile Napoli di Sarri. Uno dei pochissimi difetti della squadra allenata dal toscano era infatti quello di non sapersi sporcare le mani. Non capire quando era il momento di soffrire, quando il concreto doveva prendere il posto del bello. O almeno non sempre è stato così. Solo in rare occasioni quella perfetta orchestra, diretta da un grande maestro d’opera, abituata a La Primavera di Vivaldi o alla Cavalcata delle Valchirie di Wagner era riuscita a suonare come una più modesta, ma non per questo meno gradevole, band.
Né nobile né proletario. Paradossalmente il Napoli allenato da Re Carlo sarà borghese. Un Napoli che rappresenta la giusta sintesi di un percorso che va avanti ormai da un decennio. Mai si sarebbe potuto chiedere al Napoli di Mazzarri, composto da tanti giocatori di grinta ma dai modesti mezzi tecnici, il tiki taka o i sistematici cambi di gioco a trenta metri. Come mai si chiederebbe ad un operaio di portare la famiglia in vacanza alle Maldive. Nello stesso modo il Napoli di Sarri abituato a specchiarsi nella sua immane bellezza difficilmente avrebbe avuto la forza di recuperare la gara di ieri contro i rossoneri. Chiedereste mai al Principe William di rimboccarsi le maniche e cercare un lavoro come tutti i comuni mortali?
Quello che ci aspetta dunque è un Napoli borghese, un Napoli figlio della classe media. Capace di soffrire, di rimboccarsi le maniche e rimontare le partite ma anche capace di grandi trame di gioco e verticalizzazioni. Un Napoli figlio di due mondi che nella loro sintesi può trovare il giusto equilibrio. Certo le incognite restano parecchie, dalla difesa troppo ballerina al nuovo ruolo di alcuni interpreti come capitan Hamsik ma questo sembra un Napoli pronto sia mentalmente che tecnicamente a raggiungere grandi traguardi, con uno sguardo rivolto al passato per poter dominare il futuro.
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ILARIO COVINO
Articolo modificato 6 Nov 2020 - 11:08