Dopo mesi di silenzio, Amin Younes, ha rilasciato un’intervista al portale tedesco, DPA. Ecco quanto evidenziato da SpazioNapoli:
“Sono successe tante cose, e tutto ciò non mi ha lasciato indenne. Non ho voluto commentare per tutto questo tempo, non sapevo cosa dire. Ora sto bene, ho messo a posto un po’ di cose e mi piacerebbe dirne tante. Sono responsabile di quello che faccio e delle conseguenze che ne scaturiscono. Ho fatto degli errori, ho riposto la fiducia negli uomini sbagliati, sono stato ingenuo. Alcune persone mi hanno messo le pulci nell’orecchio e mi sono lasciato coinvolgere. Non voglio pietà, sono io il primo responsabile. Sono giovane e sono stato guidato troppo dalle mie emozioni. Non posso cambiare ciò che è successo ma posso e devo imparare.
Dissi all’Ajax che avrei voluto fare uno step avanti. Non è andata così ed i rapporti si sono complicati un po’. Ero infortunato e poi mi sono riaggregato al gruppo. Molto peggio è andata con il caso di Nouri. Una storia terribile. Avevo un rapporto stretto con lui e con la sua famiglia, nello spogliatoio sedeva al mio fianco. Stessa religione, stessa cultura. Un ragazzo buono, di quelli che difficilmente si trovano nel nostro ambiente. La cosa provoca ancora più dispiacere. Le nostre famiglie sono ancora in contatto, la vita deve continuare. Ma penso sempre a lui. Ho scelto di vestire la maglia numero 34 al Napoli perché era il suo numero.
Sono stato consigliato male, le comunicazioni sono state pessime. Io non ho firmato un contratto. Nei quattro giorni in cui sono stato a Napoli, la città non l’ho neanche vista. Le visite mediche si tennero a Roma, gli altri tre giorni sono stato al centro sportivo. Ora sono qui da due mesi e quei titoli di giornale sono terrificanti perché Napoli è una città splendida e i napoletani molto amichevoli.
È stato difficile tornare ad Amsterdam. La sostituzione rifiutata è stato un gesto sbagliato. Sono giovane e commetto errori, molti hanno detto che si trattava di un’azione forte perché uno non può sopportare tutto, ma gli ho fatto capire che non era possibile. Ero deluso. Non mi è stato permesso di continuare quel cammino. Tutto ciò non giustifica la reazione, perché bisogna rimanere sempre professionali. I dirigenti volevano proteggermi. Guardandomi indietro è stato giusto non aggregarmi alla prima squadra.
Ci sono stati contatti con altri club in questi mesi. Non ho firmato nulla. Sono diventato oggetto di speculazioni: ero a casa, leggevo ed ascoltavo cose su di me. Non me ne capacitavo. Alla fine ho trovato persone sensibili e il club ha chiarito che avrei fatto al caso loro dal punto di vista sportivo ed umano. Mi hanno confermato nonostante mi fossi infortunato gravemente a posteriori dell’accordo. Mi stavo allenando con un preparatore e durante uno sprint mi sono lesionato il tendine d’Achille. Ancelotti disse “il ragazzo è infortunato, ma lo teniamo”.
Credo che quando sono arrivato ci fosse una sensazione come se tutti avessero un interrogativo in testa. Penso di potergli far cambiare idea. Ancelotti si è fatto la sua idea e, se avesse creduto che potesse esserci un problema, non mi avrebbe voluto in squadra. È possibile che ciò che ho fatto mi sia costato il Mondiale, ma non ci penso e non me ne dispiaccio. Per ora sono tornato ad allenarmi sul terreno di gioco, corro e faccio esercizi col pallone. Non voglio predire il giorno in cui tornerò a giocare perché l’infortunio è complicato.
A Napoli mi sento bene, è tutto bello e sono felice. È un bene che la società abbia creduto che non sono un bad boy. Sono arrivato nel posto giusto. Ho capito su chi posso contare. Ho imparato ad accettare le cose come sono e anche che fuori al campo bisognare stare bene. Il calcio è fatto di alti e bassi. Non posso influenzare tutto ciò che succede, ma ne posso controllare una parte. Farò di tutto per non far accadere di nuovo una cosa del genere”.