Questione di calma, grinta e mentalità: il tassello che mancava per sognare senza confini

Sul tabellino leggerete comunque che è finita con un rocambolesco 2-2; che Di Maria, il Fideo caro ad Ancelotti, l’ha ripresa con un gran tiro a giro da fuori, forse imprendibile, ma preciso il giusto per battere Ospina. L’ha fatto, l’argentino. Anche bello. Al novantatreesimo minuto di gioco. A Parigi, al Parco dei Principi, la casa dei campioni del PSG. La realtà, però, è un’altra: il Napoli di Ancelotti guadagna un punto sul campo e tre fuori. Ha superato, infatti, una prova del nove indicativa e senz’altro significativa. Non significa nulla – direte – invece vuol dire tutto.

Questione di calma, lo insegna quell’autentico leader seduto in panchina: si fa quel che si sa fare, senza timore, senza reverenze, persino superflue quando l’unica statistica che conta è quella dei gol segnati e l’unico risultato giusto ha nei tre punti il suo compimento. Il Napoli ha avuto, ieri sera, una gestione ottimale del match. L’ha giocato e (quasi) vinto con la testa, prima di tutto. E poi è una questione di grinta: senza mai mollare, senza mai indietreggiare e senza mai aver paura o soffrire avversari dai nomi (e dai costi) altisonanti, anche se sono vecchi amici. Contagiosa la grinta di Maksimovic, quella di Allan, quella di Insigne. Quella di tutta la squadra che, anche dopo la sfortuna dell’autogol di Mario Rui, non si è disunita ed anzi, ha rilanciato. Si è rilanciata. Questione di disinvoltura, di sprezzatura, di consapevolezze. E che consapevolezze: questo Napoli è davvero forte. E se non ha il monopolio del possesso, come qualche tempo fa, ha il monopolio della concretezza in campo. Quel che serve, quel che rende una buona squadra grande. Spavaldi ma umili, feroci e con personalità: nulla sembra essere precluso ad un Napoli ancora nascente: Ancelotti siete sulla panchina azzurra da non molto e in poco tempo è riuscito a dare già il suo carisma, le sue conoscenze, le sue consapevolezze ad un gruppo che aveva, ed ha, bisogno soltanto di salire l’ultimo gradino. E lentamente, ma con decisione, ci si sta avvicinando.

Ma sopratutto è una questione di mentalità, la declinazione vera e propria dell’Ancelottismo. Se il gap con le grandissime d’Europa si può ridurre lentamente sul campo, nella mentalità si può ridurre molto più velocemente. E contro Liverpool e PSG, cioè con l’elite del calcio europeo, lo si è ampiamente dimostrato. Ed ampiamente lo si sta dimostrando, partita dopo partita. Qualche tempo fa il Napoli avrebbe forse firmato per un pareggio contro una squadra come il PSG. Ieri, il Napoli, si è rammaricato per il risultato maturato al Parco dei Principi. Si è rammaricato a ragione, per non averla vinta, la partita. Miracolo? No. Questione di mentalità. Un tassello che mancava, e che si sta aggiungendo sempre più. Succede anche questo, in una città che può veramente impazzire. Non è un miracolo, non è un caso. In barba a tutte le griglie, a tutti i pronostici, a tutto lo scetticismo. Questo è il Napoli di Ancelotti, che non ha da temere nulla da nessuno. E che brilla, più di quell’enorme torre al centro di Parigi. Nella città più bella d’Europa.

GENNARO DONNARUMMA
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