Da colonna imperscrutabile a gazzella rapida ed elegante. In un attimo, come se fosse la metamorfosi più naturale. Atto dovuto, quando si è Kalidou Kouolibaly. Quasi stanco nel manifestare tutta la sua superiorità esclusivamente nei venticinque metri di ordinaria competenza. Strapotere, ecco, in ogni sua sfaccettatura. Lo specchio nella, ennessima, prestazione eccellente. Ormai guida indipendente del pacchetto arretrato. I tempi di Reina e del joystick ormai agli archivi. Ora è lui a dettare tempi e dinamiche. Ora è lui a lasciare, anche, una personalissima impronta sulla gara senza necessità di direttive.
Un sussulto, ringhiando sulle caviglie avversarie. Per poi ripartire, testa alta e passo inarrestabile. Il tempo di vagliare l’opportunità migliore, lo spunto di Insigne scorto grazie a una visione periferica da esterno consumato. E da premiare, con un assist al bacio. Il pokerissimo azzurro ai danni dell’Empoli – il modo migliore per consegnarsi alla sfida da dentro o fuori (o quasi) con il Psg – nasce così, con una proiezione che tanto ricorda quelle con cui Lilian Thuram scandì le tappe di una luminosa carriera: dai trionfi con i club alla prima Francia campione del mondo. Chiedere ad Ancelotti, che entrambi li conosce più che bene.
Ora il paragone non è più eresia, lo era di certo ai tempi dei primi passi in azzurro del centrale di Saint-Dié-des-Vosges. Doti fisiche e tecniche che balzavano all’occhio di primo acchito. Ma come contraltare c’era ancora troppa discontinuità, senza dimenticare una cultura tattica da costruire e arricchire. Formazione e crescita, gara dopo gara in quell’università qual è il calcio del belpaese. E di passi, Kalidou, ne ha fatti tanti, migliorando progressivamente fino a raggiungere a 27 anni la maturità giusta, calcistica e anagrafica, per consegnarlo all’elitè del calcio mondiale.
Contro gli uomini di Andreazzoli, che non rinunciano al proprio calcio al cospetto di avversari tecnicamente superiori, il solito spartito. L’ex Genk è ovunque nella metà campo partenopea, uno stantuffo che vanifica ogni prerogativa avversaria, sul nascere: 3 palloni intercettati, 4 respinti, 11 spazzate. Dalle sfide da red carpet contro Liverpool e Psg alle gare insidiose in campionato, il copione non muta. Mai, è un muro capace di porre rimedio anche alle situazioni più intricate. E facendosi poi sentire da tutto il reparto. Voce grossa e spirito saldo. Perchè Koulibaly è ormai, dicevamo, leader indiscusso del pacchetto arretrato. Lo sa bene Ancelotti, che al senegalese non rinuncia mai, unica deroga alla logica dell’alternanza che non ha risparmato nessuno: 14 presenze su 14 con 1260′ di gioco a referto. Imprescindibile, totale, in ogni fase di gioco. Ma del resto, vederlo dominare non stupisce più. È ordinaria amministrazione.
Edoardo Brancaccio
Articolo modificato 4 Nov 2018 - 08:14