Sono passati quasi sette mesi eppure sembra ieri che sulla panchina del Napoli sedeva il comandante, Maurizio Sarri. Quel comandante capace di grandi imprese, su tutte c’è ancora il magnifico flash di Koulibaly che stacca allo Stadium e riapre un sogno oramai sfumato. Questa è stata la forza di un uomo arrivato praticamente dal nulla, ma che ha saputo trasformare un buon Napoli in una squadra da record. Ma anche i migliori hanno dei difetti e forse quello di Sarri era la mancanza di fiducia nel collettivo, con i suoi 11-13 titolarissimi!
Con il suo addio lo scetticismo ha fatto da padrone fin da subito. Ma ecco lo spiraglio, che portava il nome di Carlo Ancelotti. Un tecnico rinomato, capace di vincere praticamente ovunque e con un bagaglio d’esperienze assolutamente invidiabile. Lui è l’uomo giusto dopo un addio così importante. L’idea iniziale del nuovo allenatore era ripartire dalla base solida lasciata da Sarri, aggiungendo piano piano qualcosa in più. Il primo step è stato il cambio di modulo: una, due, tre volte. A seconda della partita, fino a definire il suo Napoli camaleontico. Hamsik regista, Insigne nella coppia d’attacco, la difesa a tre e mezzo con la valorizzazione di Maksimovic. È cambiato tanto in questa prima parte di stagione e tanto cambierà ancora.
L’innovazione principale che ha portato Ancelotti è stata quella di fortificare il collettivo, dando importanza ad ogni singolo giocatore. Questo forse è stato il passaggio più netto dal Napoli sarriano a quello ancelottiano. Ma partita dopo partita lo stesso tecnico di Reggiolo si è accorto di aver bisogno di qualche punto di riferimento, ricorrendo ai cosiddetti “titolarissimi”, tanto utilizzati da Sarri. Contro l’Atalanta gli 11 titolari erano praticamente già annunciati, con Albiol unico dubbio, viste le sue condizioni fisiche. Difesa “a tre e mezzo”, Fabiàn Ruiz largo a sinistra, Hamsik in cabina di regia e coppia dei piccoletti formata da Insigne e Mertens. Questo oggi appare lo zoccolo duro del Napoli, ma Ancelotti conserva sempre il suo asso nella manica, ovvero il gruppo forte, unito e motivato!
Così a Bergamo la decide proprio chi sembrava essere ai margini, Arek Milik, da subentrato. Una mentalità diversa, una valorizzazione di tutta la rosa, dove anche chi può sembrare fuori dagli schemi, diventa, a suo modo, la pedina più importante. Lo dimostra un dato assolutamente rilevante: in Serie A il Napoli è la squadra ad aver segnato più reti (otto) con i giocatori subentrati dalla panchina.
Non esistono più i titolarissimi, ma chi è più carico e più pronto mentalmente per trascinare la squadra dal punto di vista emotivo e fisico con un unico obiettivo: NON MOLLARE MAI!
GIOVANNI ANNUNZIATA
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