Ieri il 2018 di Soualiho Meitè non si è concluso nel migliore dei modi all’Olimpico contro la Lazio. Anche se il Torino è riuscito a strappare un punto prezioso su un campo ostico come quello laziale, per il centrocampista francese classe ’94 di origini ivoriane non c’è stato tanto da festeggiare.
La partita di ieri di Meité non passerà di certo alla storia per quanto espresso dal numero 23 in campo. L’avversario non era sicuramente tra i più facili da affrontare. Milinkovic Savic infatti lo ha letteralmente annichilito per tutta la gara o almeno fino al suo preventivo abbandono del campo di gioco. Perché la gara del giocatore granata si è interrotta qualche minuto prima del triplice fischio dell’arbitro Irrati per una manata ad Acerbi che gli è costata l’espulsione.
Al momento dell’uscita però è stata scritta l’ennesima pagina nera del calcio italiano. Dopo i cori di mercoledì contro Kalidou Koulibaly a San Siro con l’Inter, nel primo “Boxing Day” all’italiana. L’ennesimo episodio di razzismo ha macchiato questo campionato.
A nulla è servita l’indignazione generale di questi giorni, le voci degli esponenti del mondo dello sport e non solo che si sono fiondati in prima linea in difesa del numero 26 azzurro, pochi giorni dopo all’Olimpico di Roma abbiamo dovuto riascoltare quei tremendi ululati razzisti.
Dalla curva nord laziale (non nuova a certe forme di discriminazione ndr.) mentre Meité lasciava il terreno di gioco si è sentito forte e chiaro più di qualche “buu”.
Dunque, dopo tante polemiche e la chiusura di San Siro ancora razzismo negli stadi, ancora intolleranza e discriminazione. Stavolta senza non c’è stato nemmeno il richiamo mediatico del caso il che ha scatenato la rabbia dei tifosi del Toro. Ma come mai stavolta non c’è stata la grande indignazione?
Perché Meité non è Koulibaly? Perché Lazio-Torino non è Inter-Napoli? O perché, in fondo, non ci sembra nemmeno più tanto strano che episodi del genere possano accadere?
Articolo modificato 30 Dic 2018 - 23:00