Corrado Ferlaino, ex presidente del Napoli si confessa nell’edizione odierna de Il Mattino. Tra gli argomenti trattati Maradona, il totonero e la camorra:
“Il Napoli pedinava Maradona. I calciatori erano ‘spiati’ dai miei dirigenti, non da estranei. Ricordo che ai tempi di Diego c’era il caro Dino Celentano al quale avevo chiesto di tenere d’occhio i giocatori più vispi, in particolare quelli che non erano sposati. Oltre a Maradona, naturalmente. Si sa che Napoli è una città tentacolare, soprattutto per gli sportivi di un certo livello. E si sa anche quali sono i punti di ritrovo più frequentati in città: night, ristoranti, club, discoteche, più o meno il giro è quello, non viviamo in una metropoli con cinque milioni di abitanti. Venivo a conoscenza delle sue abitudini, in particolari i giorni e gli orari in cui usciva. Va detto, e questo lo sapete tutti, che durante tutta la sua permanenza a Napoli, Diego poteva allontanarsi da casa soltanto di notte. Non facevamo alcuna invasione nella vita privata dei calciatori, non li obbligavamo a restare in casa, né tantomeno imponevamo loro locali da frequentare al posto di altri. Maradona era il più grande calciatore del mondo, rappresentava un patrimonio inestimabile per il Napoli. In qualche maniera, dovevo pur difendere e tutelare questo patrimonio.
La complicità con Diego e con la squadra precipitò in quella maledetta primavera dell’ 88. Ancora adesso non conosco la ragione per la quale abbiamo perso lo scudetto. Si parlò di totonero e di camorra, in quindici giorni ci ritrovammo dal vincere il secondo tricolore a tutto quel caos. È vero, le voci si erano fatte insistenti, in poche settimane ci crollò il mondo addosso.
Avevamo un ottimo rapporto con le forze dell’ ordine, anzi spesso erano loro a metterci in guardia su alcuni pericoli incombenti. In quegli anni le scommesse non erano state legalizzate, capitava che a volte venissero registrati flussi di giocate anomale su partite che in teoria erano facili da vincere. Oppure il tam-tam di voci era così frequente da far immaginare che sotto ci fosse puzza di bruciato. Era in questi casi che il sottoscritto interveniva in maniera decisa e diretta. Quando avevo paura di una gara, entravo nello spogliatoio e promettevo al capitano premio doppio a tutta la squadra. Anzi, per far capire quanto tenessi a quella vittoria e a quel match, il premio doppio dopo qualche minuto diventava triplo. Allora il presidente della Federcalcio era Carraro, io mi feci eleggere consigliere federale per entrare nel Palazzo e garantire al Napoli un peso politico che fino ad allora non aveva mai avuto. Feci aprire gli occhi a Carraro sul fenomeno delle scommesse. Forse pochi di voi lo ricordano ma la prima norma emanata dalla Figc contro il cosiddetto totonero, prese spunto proprio da una mia denuncia”.